Foto di Pantchoa

Volo Ryanair per Parigi.

Tre giorni scarsi da dedicare a questa bella, ma grande città.

Difficile scegliere e rinunciare a qualcosa da vedere e dunque con la consapevolezza che non si può vedere tutto ma anche con la voglia di vedere il più possibile, ti suggerisco quella che è stata la mia “tre giorni” nella capitale francese “toccando” non soltanto i siti di maggiore interesse ma anche quelli meno noti e più intimi.

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La mia giornata inizia alle 8.15 con una metro che mi porta a Place de La Bastille, a piedi raggiungo Place de Vosges; l’ingresso che mi porta in questa piazza, intima e bellissima, è nella mia visuale appannato da leggeri fiocchi di neve.

Fa troppo freddo per sedermi su una panchina e respirare di quella piazza quasi deserta; solo tre persone vi corrono intorno avvolte dal vapore del loro stesso respiro.

Ma non fatico ad immaginarla piena di bambini che si rincorrono, di coppiette che si scambiano teneri baci, di vecchietti che in silenzio osservano il mondo, di turisti che la fotografano da ogni angolo, di persone sole che qui si rilassano.
Ritorno in Place de La Bastille e prendo la metro fino a Place de La Republique: Liberté, Égalité, Fraternité…

Raggiungo a piedi il Canal Saint-Martin percorrendolo tutto; mi avvicino alle sue chiuse, salgo e ridiscendo i suoi ponti, tocco l’acqua che raccoglie e raccolgo alcune foglie da riportar a casa.

Mi sento un po’ Amelie, spensierata nel suo favoloso mondo: è stata girata qui la scena della bambina che rovescia la boccia col pesce rosso e (con la chiusa verde alle spalle) dove, da grande, fa rimbalzare i sassi sull’acqua.

Da qui scorgo alcuni clochards, avvolti nei loro cartoni, quasi invisibili; li osservo da lassù disegnando per ognuno una vita diversa ma quella visione mi rende troppo malinconica.

Poco più in la, alla fine del Canale, dozzine di ragazzi che hanno dormito sotto un ponte, ben organizzati con coperte e cartoni, stanno attorno ad un fuoco dove consumeranno la loro colazione prima di riversarsi sulle strade a chiedere l’elemosina o prima di andare a lavoro.

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Con queste sensazioni raggiungo Montmartre ma la folla mi disturba; rende faticoso il mio dialogo con lei, la nostra conoscenza è resa difficile da turisti che si ammassano nei negozi di souvenir e l’incontro con la famosa Basilique du Sacre-Cœur è diverso da come avrei voluto.

Salgo la lunga scalinata ed osservo la sua bianca architettura.

Gli passo dietro alla ricerca di un posticino meno affollato e raggiungo il piccolo vigneto che cresce in pendenza li vicino; è questo l’ultimo vigneto all’interno della città di Parigi.

Cammino un po’ in questo quartiere e senza accorgermene raggiungo Place du Tertre, zeppa come un uovo, ma un uovo d’oro: artisti improvvisati offuscano, solamente ai meno attenti, la bravura di quelli che in quei colori e in quelle tele tracciano linee con nella testa il ricordo di un vicolo, di una boulangerie, di un caffè, di un incontro vissuto

Il cimitero di Montmartre è famoso perché lì riposano le spoglia di importanti personaggi di Francia tra cui Dumas, Stendhal, Zola, del regista François Truffaut, e di diversi artisti.

Io mi butto giù per la scalinata di Rue du Calvarie e da li gironzolo nei vicoli di questo quartiere soffermandomi in Place des Abbasses a gustare un’ottima baguette acquistata in una delle numerose boulangerie.

Camminando tra queste strade acciottolate, tra un mercato di fiori e uno di pesce dove ammirare banchi di pesce fresco e ostriche, raggiungo Pigalle e il Moulin Rouge.

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La metropolitana mi catapulta in Place de La Concorde da dove vedo per la prima volta la Tour Eiffel.

Salgo gli scalini dei giardini delle Tuileries e saluto l’obelisco egizio in mezzo alla piazza ricordando il fratello gemello ammirato a Luxor dieci anni fa.

Sotto la grande ruota panoramica prendo una cioccolata calda e mi dirigo verso gli Champs-Elysées; dove mercatini di Natale fanno la gioia di turisti e commercianti.

Saluto l’Arc de Triomphe, lo osservo da sotto e infreddolita raggiungo il Trocadero, da lassù la grande torre di ferro e la gioia di grandi e piccini divertiti nella pista di ghiaccio nei giardini di sotto; rivisito i mercatini natalizi per poi raggiungere la Torre Eiffel.

La osservo da la sotto; è maestosa, è imponente, ma la sento fredda o forse è solo l’aria che fende il mio viso.

Un po’ stanca attraverso Champ de Mars dove mi fermo ad osservare gruppi di giovani sposi cinesi e per un attimo nel vedere quei visi ripenso al mio ultimo viaggio, a quei volti pochi mesi prima tanto osservati, a uomini e donne in situazioni e condizioni così diverse.

Raggiungo la Ecole Militaire davanti alla quale alcuni ragazzi giocano a calcio.

Da li a l’Hôtel des Invalides il passo è breve.

Questo ospedale militare fu fatto costruire nel 1670 da Luigi XIV, lo stesso che fece costruire il Palazzo di Versailles, per curare i soldati feriti in guerra.

Con la loro grande chiesa sormontata da una cupola dorata e 13 ettari di edificio, Les Invalides sono un capolavoro di architettura classica francese.

Le ceneri del più grande genio militare francese, Napoleone, riposano sotto la cupola de Les Invalides e attirano molti visitatori ogni anno.

Oramai sono le cinque passate, la luce del giorno sta lasciando il passo a quella artificiale che illumina questo bel complesso.

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A poche centinaia di metri il Museo Rodin: sta per chiudere ma rimango davanti all’entrata come se sperassi di essere raggiunta da quel bellissimo “bacio”, quello osservato in copia alla Tate di Londra da ogni angolazione, come un bambino guarda due persone che si baciano appassionatamente.

Fa sempre più freddo e inizio ad esser un po’ stanca quindi raggiungo l’ostello per riscaldarmi un po’ e poi faccio un altro giro per gli Champs-Elysées, visti di notte tra mille luci, con le Petit Palais e le Grand Palais illuminati sono ancora più belli.

Mi dirigo poi al Trocadero per vedere i giochi di luce natalizi della Tour Eiffel prima di salutare questa mia prima giornata parigina.

Articolo di
Bianca Ferracani