Foto di Simona Marsella –  Chefchauen, storie di donne

Prima tappa in territorio africano del nostro viaggio è il Marocco.

Per raggiungere questo paese con auto propria è possibile prendere un traghetto direttamente da Genova ed arrivare a destinazione in meno di 48 ore, ma noi, in pieno spirito di avventura, abbiamo deciso di percorrere più strada possibile a bordo della mitica Punto.

Abbiamo così attraversato in velocità Italia, Francia e Spagna, percorrendo praticamente tutte autostrade e fermandoci solo per fare rifornimento e rifocillarci.

In meno di 32 ore siamo arrivati a Tarifa, graziosa cittadina a sud della Spagna, da dove ci siamo imbarcati a bordo di un traghetto prenotato e acquistato via internet sul sito

=> http://www.frs.es/

che ci ha portato a Tangeri in meno di un’ora.

Per entrare in Marocco non occorre far alcun visto né vaccinazione, è sufficiente avere il passaporto in corso di validità con scadenza superiore a 6 mesi e la patente italiana per guidare.

Per portare la propria automobile non servono documenti particolari, ma una volta arrivati e terminate le lunghe pratiche doganali (che si possono accelerare con mance ai diversi individui che ti verranno incontro) è necessario stipulare un’assicurazione.

Costa circa 20 euro e puoi farla appena uscito dal porto; se non trovi l’ufficio sicuramente qualcuno te lo indicherà, sempre sotto ricompensa.


Foto di Simona Marsella – strade di Chefchauen

Lasciato il porto ci siamo ritrovati subito immersi nel caos del traffico cittadino, ma con un po’ di attenzione e pazienza si riesce a superare tutto e soprattutto a uscirne indenni e trovare la giusta direzione.

Percorrendo circa 300 km tra l’alternarsi di paesaggi brulli e improvvise macchie di vegetazione abbiamo raggiunto Chefchauen, piccola cittadina che si erge tra le cime del Rif.

Passeggiando tra le mura della Medina, vieni subito catapultato in un’atmosfera tipicamente marocchina, fortunatamente lontana dalla folla di turisti.

Per noi è bellissimo perdersi per queste vie irregolari dai tratti andalusi, e sono proprio queste strade a rappresentare la principale attrazione di questo posto incantevole.

Fotografiamo senza sosta scorci di vita quotidiana tra i colori bianco e azzurro che dominano il paesaggio, cercando di non offendere la gente del posto, molto riluttante a qualsiasi tipo di obiettivo.

Ti consiglio di mangiare, come abbiamo fatto noi, un piatto di cous cous o di tajine in una delle salette ai piani superiori dei numerosi ristoranti che si affacciano sulla piazza di Outa El Hamman, per godere anche degli odori e sapori marocchini.

Per concludere poi non potrai fare a meno di fare una passeggiata e andare a vedere come si tesse un tappeto, arte tramandata di padre in figlio, e partecipare ad una lunga trattativa di vendita, sorseggiando tè alla menta.

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Foto di Simona Marsella – la Medina di Fès

Lasciata Chefchauen scendiamo verso sud, direzione Fès.

Dopo 250 km  di strada non proprio in buone condizioni, cercando di schivare improvvise buche non segnalate e persone che non si comprende bene da dove vengano e dove vadano,  arriviamo che è già buio.

Ci fermiamo al primo hotel fuori dalle mura della Medina e lasciamo in fretta i bagagli, desiderosi di immergerci nell’atmosfera di questa cittadina, da molti decantata come capitale spirituale e culturale del Marocco.

Addentrandoci nelle strette vie della zona vecchia sembra di essere in un’altra epoca: non ci sono macchine ma asini che trasportano persone o merci e che ti costringono a spostarti velocemente ai lati della strada se non vuoi rimanere schiacciato, venditori di galline e altri tipi di animali, fino alle concerie, di cui Fès è piena e che continuamente strani personaggi ti propongono di visitare.

E’ impossibile non perdersi in questo labirinto, ma ti consiglio di lasciare qualsiasi piantina nello zaino perchè è una sensazione piacevole, soprattutto quando capisci che ad ogni angolo c’è un mondo da scoprire: persone che entrano in moschea per la preghiera ma dove noi non essendo musulmani non possiamo entrare, altre che vanno nei bagni pubblici per lavarsi perché nessuno ne possiede uno in casa, o che escono per andare a prendere l’acqua nelle fontane.

In questo museo a cielo aperto i mercati vendono prodotti di ogni genere: da improbabili dentiere ad articoli di artigianato locale, fino alle coloratissime spezie.

Ed è praticamente impossibile tornare a casa senza aver comprato qualcosa, se non altro per sfinimento verso le continue pressioni dei commercianti.

Oltre alla vecchia Medina è interessante fare visita anche alla parte nuova, dominata dall’imponente palazzo reale e al quartiere ebraico di La Mellah, ma noi non possiamo fermarci, siamo appena all’inizio del viaggio, i kilometri da percorrere sono ancora tanti e Marrakech ci aspetta…

Simona