Foto di Simona Marsella, dromedario al pascolo

Lasciata Agadir continuiamo a scendere verso sud macinando velocemente chilometri.

Si presenta ai nostri occhi un paesaggio decisamente più desertico e sabbioso ed infatti avviene finalmente il nostro primo incontro con i dromedari.

Con i loro musetti simpatici pascolano liberamente ai lati della strada e devi stare attento a non investirli; in compenso si lasciano fotografare tranquillamente, a differenza della popolazione locale.

Dopo una breve pausa pranzo a Tan Tan con multa “vera” e tanto di contravvenzione scritta per mancato rispetto di uno stop ci fermiamo a Tarfaya, ultimo avamposto marocchino prima di addentrarci nel Sahara Occidentale.

E’ una piccola cittadina portuale, situata di fronte alle isole Canarie e per questo base di partenza di barche cariche di migranti verso l’arcipelago spagnolo, come ci racconta Joussef, anche lui rimpatriato da Gran Canaria perché sprovvisto del permesso di soggiorno, dove aveva iniziato a lavorare come cuoco.

Il paesaggio circostante è suggestivo: lingue di sabbia che si perdono nell’oceano tra scheletri di navi arrugginite, mentre sulla terraferma la principale attrazione turistica è un monumento dedicato ad Antoine de Saint-Exupéry: l’autore francese del Piccolo Principe infatti nel 1927 si stabilì qui in seguito alla sua nomina della compagnia aeropostale dell’aviazione francese come capo di questo scalo marocchino.

Dopo aver trascorso il capodanno nell’unico hotel esistente con cena a base di granchio e in compagnia di strani personaggi di passaggio entriamo nel Sahara Occidentale, il territorio conteso, il più grande non indipendente al mondo.

Non c’è un confine o una frontiera, ma delle torrette su cui sventolano le bandiere del Marocco e fungono da posti di blocco.

La storia è travagliata: ex colonia spagnola, il Sahara Occidentale nel 1976 è stato annesso militarmente al territorio del Marocco mentre il Fronte Polisario ne proclamava l’indipendenza.


Foto di Simona Marsella, ingresso nel Sahara Occidentale

Ad oggi l’occupazione da parte del Marocco non è riconosciuta dalle Nazioni Unite, ma si è in attesa dell’organizzazione da parte di queste di un referendum per l’autodeterminazione del popolo Saharawi.

Purtroppo all’ordine del giorno ci sono scontri e repressioni, ma lungo il nostro cammino non c’è traccia di violenza.

Attraversiamo velocemente El Aaiùn, giusto il tempo di lasciare Emanuele all’aeroporto, di ritorno in Italia per esigenze lavorative: capitale ufficiosa di questo stato, è fortemente militarizzata e non particolarmente attraente.

Proseguiamo quindi fiancheggiati da una parte da una alta costiera oceanica e dall’altra da un terreno desertico sempre più sabbioso.

In mezzo al nulla ogni tanto sbuca qualche stazione di servizio con bar annesso, dove trovi gente che ti chiedi cosa faccia e dove abiti.

Il clima da queste parti è piuttosto avverso alla vita: la densità di popolazione è molto bassa e lo Stato, come ci raccontano, per cercare di ripopolare queste zone ha detassato generi di prima necessità e benzina.


Foto di Simona Marsella, la costa oceanica

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Il nostro viaggio è scandito da continui posto di blocco: al segnale di stop ti fermi e ti avvicini al solo cenno del poliziotto, mostri i documenti e consegni la “fiche” ossia una foglio riepilogativo con tutti i dati della macchina e dei passeggeri che noi abbiamo portato dall’Italia.

Se hai intenzione di affrontare un viaggio in macchina in questa parte dell’Africa ti consiglio infatti di portarti diverse copie per accelerare le pratiche: noi ne abbiamo portate 30 e non sono state sufficienti.

Alcuni poliziotti fanno solo il loro dovere, altri approfittano per fare due chiacchiere e combattere per una decina di minuti la solitudine e la noia, soprattutto incuriositi da una macchina cosi variopinta e occupata da tre ragazze e un solo ragazzo che non è né il fidanzato, né il fratello di nessuna delle tre… incredibile per loro!

Per rispettare la tabella di marcia decidiamo di non fermarci e superiamo anche Dakhla, ma se passi da queste parti non fare il nostro stesso errore e concediti questa deviazione.

Dakhla infatti è una piccola cittadina che si trova lungo una penisola naturale che si insinua nel’Oceano Atlantico.

La baia è un vero paradiso: acqua cristallina circondata da dune di sabbia bianchissima e finissima e vento ideale per praticare diversi sport acquatici, dal kitesurf al windsurf.

Se vuoi puoi anche dormire nelle tende sulla spiaggia come in un campo beduino: i tuoi ritmi saranno scanditi solo dal sorgere e tramontare del sole.

La nostra sosta per la notte avviene invece all’ultimo hotel prima della frontiera: uno strano posto di passaggio che sorge nel nulla.

L’ambiente è modesto ma per noi va benissimo: vogliamo solo riposarci e riprendere le forze prima di passare la frontiera per la Mauritania

Simona