Arrivo dei Khmer Rouge a Phnom Penh

Arrivo dei Khmer Rouge a Phnom Penh

 

Quello di oggi potrebbe sembrarti un post poco allegro e forse non credi si debba conoscere  anche la storia di dove ci troviamo per poter apprezzare fino in fondo i luoghi che stiamo visitando.

In Cambogia io ho sentito la necessità di non limitare la mia visita ai posti allegri e reclamizzati sui cataloghi dei tour operator.

In fondo anche secondo l’autorevole voce di “tripadvisor” quelle di cui sto per parlarti sono la 2^ e 3^ attrazione più importanti della capitale cambogiana (confesso di non conoscere la prima in classifica).

Arrivando a Phnom Penh salta subito all’occhio che si tratta di una città in cui il tempo si è fermato per alcuni decenni e poi ha ricominciato a scorrere.

In effetti la capitale della Cambogia mostra i segni di un ammodernamento caotico in cui moderne costruzioni si affiancano a costruzioni antiche o ad edifici evidentemente anni ’70.

La foto qui sopra è tratta dagli archivi storici cambogiani e mostra l’arrivo dei Khmer Rouge a Phnom Penh nell’aprile del 1975.

Puoi di certo notare che all’epoca la città aveva ampi viali asfaltati, illuminati da lampioni metallici, e con moderni hotel ed edifici che si ergevano ad ambo i lati.

Oggi, per molti versi, Phnom Penh sembra meno moderna di quanto non appaia in questa foto.

Ma perché?

Ammetto di avere delle lacune ma non credo che in Italia siano in molti ad avere idee chiare su quella che sia la storia dell’ultimo secolo del sudest asiatico.

Molto di ciò che conosciamo è relativo ai film che ci parlano del Vietnam e della guerra con gli Stati Uniti.

Ma sapevi che fra il 1969 e il 1973 gli USA lanciarono 540 mila tonnellate di bombe sulla Cambogia causando la morte di oltre 100 mila civili?

Di sicuro queste operazioni causarono l’inizio di un’instabilità politica del paese che sfociò nell’istaurarsi nell’aprile del 1975 del regime dittatoriale dei Khmer Rouge guidato da Pol Pot.

Il paese venne ribattezzato Democratic Kampuchea ed ufficialmente subì gli orrori della dittatura fino al 1979.

In realtà però, per il resto del mondo Pol Pot e i Khmer Rouge restarono in carica fino a metà degli anni novanta.

Per assurdità il mondo intero non legittimò il nuovo governo instaurato dopo la liberazione della capitale ad opera dei vietnamiti.

Iniziò una guerra interna altrettanto violenta nel tentativo di eliminare definitivamente il regime dei Khmenr Rouge che aveva stabilito fuori da Phnom Penh la propria sede di potere.

Pol Pot ricevette il supporto delle Nazioni Unite per 15 anni dopo il genocidio e morì nel 1998 dopo aver scontato meno di un anno di “arresti domiciliari”.

Molti dei leader del regime sono stati solamente di recente sottoposti a processi per i crimini commessi.

Per capire la Cambogia ed il suo fantastico popolo si deve probabilmente a conoscere qualcosa della sua storia.

Per la maggior parte delle persone nel mondo la Cambogia è semplicemente un paese sottosviluppato, meta ideale per le vacanze a basso costo.

Ciò che la maggior parte della gente non sa sono le atrocità che le persone in questo paese hanno subito a partire dagli anni ’70.

Una storia contorta, fatta di povertà, ignoranza, cattiveria feroce e follia ideologica.

Il genocidio dei Khmer determinò la morte di quasi 2 milioni di persone in 4 anni (circa il 21% dell’intera popolazione del paese all’epoca) e rappresenta uno dei peggiori crimini contro l’umanità dello scorso secolo.

Non puoi pertanto venire a Phnom Penh e non visitare quelli che sono i 2 monumenti alla memoria, testimonianza silenziosa e tragica di quei tempi.

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The Killing Fields

The Killing Fields- Foto di Andrea

 

A 17 km a sud del centro di Phnom Penh si trova Choeung Ek, più tristemente noto con il nome di The Killing Fields.

Puoi raggiunge questo campo di sterminio in meno di 20 minuti di Tuk Tuk.

L’ingresso al campo, che originariamente era un cimitero cinese, costa solamente 5 $ a persona – audio guida inclusa non ancora disponibile in italiano.

Orrori in Cambogia

Orrori in Cambogia - Foto di Andrea

 

La visita richiede circa 2 o 3 ore e si snoda lungo un percorso simbolico che ti porterà a rivivere quello che subivano i prigionieri, dall’arrivo al campo, all’essere brutalmente assassinati e gettati spesso ancora mezzi vivi in fosse comuni.

Resta ben poco delle strutture che c’erano quando il campo era in piena attività.

Al centro si erge una “stupa” in muratura costruita per conservate le reliquie dei corpi affiorati dalle fosse comuni e che è il punto di arrivo del percorso.

Nel piccolo museo non lontano dall’ingresso, oltre a fotografie e cimeli, avrai la possibilità di vedere un breve filmato con la storia del campo, alcune testimonianze di sopravvissuti e la storia dei Khmer Rouge.

Nel campo di sterminio regna una strana atmosfera, un silenzio surreale in cui vagano pensierosi i visitatori provenienti da tutto il mondo.

Ti confesso di aver provato un brivido intenso sostando davanti all’albero contro il quale venivano assassinati i bambini sbattendoli brutalmente contro l’enorme tronco.

Particolare

Particolare - Foto di Andrea

 

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La seconda tappa di questo nostro viaggio a Phnom Penh all’insegna della storia è in realtà il punto di partenza da cui provenivano gran parte delle vittime che venivano assassinate a Choeung Ek: il Tuol Sleng Genocide Museum o comunemente detta Prigione di Sicurezza 21 (S-21).

Originariamente si trattava di un liceo che venne destinato a carcere di sicurezza per detenuti politici a partire dal 1975.

Si tratta di una delle tante prigioni dove monaci, insegnanti, letterati, artisti ma anche cittadini stranieri, persone in grado di parlare una lingua diversa dal cambogiano o semplici donne e bambini indifesi venivano rinchiusi con l’accusa di aver commesso un qualche reato contro il regime.

Dal 2009 questo museo è stato inserito dall’Unesco nell’Elenco delle Memorie del Mondo.

Tuol Sleng Genocide Museum

Tuol Sleng Genocide Museum - Foto di Andrea

 

Il museo si compone di 5 edifici lasciati nelle condizioni in cui li abbandonarono i Khmer Rouge alla loro fuga nel 1979.

Numerosissime le fotografie esposte: ritraggono solo alcuni degli oltre 20 mila internati.

Sono esposti anche strumenti di tortura e oggetti vari per far capire le atrocità che si sono verificate nella prigione.

Alcuni degli edifici conservano i letti e le celle di reclusione, il filo spinato alle pareti e indumenti

Interessanti i quadri di Vann Nath, pittore recentemente scomparso, rappresentanti le scene di tortura che si svolgevano all’interno della S-21.

Cartello all'ingresso

Cartello all'ingresso - Foto di Andrea

 

Un attimo di attenzione lo merita il cartello in inglese e khmer all’ingresso del campo con il regolamento di sicurezza del S-1.

Ma ovviamente Phnom Penh offre molto di più quindi, lasciamo da parte la tristezza (senza dimenticare) e facciamo insieme un bel giro della città.

Alla prossima.

Andrea