Thames Festival Manifesto

Thames Festival Manifesto – Foto di Cristiano Guidetti

 

Londra, e ancora Londra.

E’ un po’ di tempo che non scrivo della MIA città, della mia amante perfetta, della città che chiamo casa anche se non lo sarà mai davvero.

E voglio fare un po’ di storytelling, per una volta voglio uscire dai binari del consiglio asettico, seppur utile, o delle liste di “tot” cose da vedere o provare… e mi piacciono un casino, lo sai.

Ti voglio raccontare di quel sabato pomeriggio di inizio settembre in cui ho scoperto il Thames Festival, in cui ho camminato per km e km, mi sono perso, per poi ritrovarmi a Bermondsey.

Ma solo qualche mese dopo mi sono reso conto che non mi ero ritrovato, a dir la verità mi ero perso l’occasione di scoprire un quartiere di Londra, sconosciuto ai più e pieno di leggende e misteri.

Andiamo per gradi però… perchè intorno a questa “mancata occasione” c’è tanto di cui parlare e scoprire, tante occasioni che invece si sono concretizzate.

Dicevo:

Era un sabato pomeriggio, si respirava già aria di fine estate – beh… anche se a Londra non è mai davvero estate – e durante la settimana mi era capitato di leggere sul mitico “Metro“, il giornale gratuito che trovi nella Tube, di questo Festival che si sarebbe tenuto nel weekend sulla riva sud del Tamigi.

Un’occasione per passare un pomeriggio diverso e fare qualche foto, a un evento che nemmeno avevo mai sentito nominare.

L’evento in questione, come detto prima, si chiama Thames Festival.

Senza ombra di dubbio è una delle feste più belle in programma a Londra durante l’anno… sarà la location sul lungo fiume, sarà l’aria da fiera di paese anche se ti trovi in una metropoli, saranno i bellissimi fuochi artificiali che “sparano” sul Tamigi la sera della Domenica, sta di fatto che mi è piaciuta da matti.

Il modo migliore per godertela tutta è scendere alla fermata della tube di Waterloo Station, raggiungere il Waterloo Bridge lì vicino e iniziare la passeggiata lungo il Tamigi proprio da quel punto.

Io sono arrivato fin dopo il Tower Bridge, il luogo preciso si chiama Tea Trade Wharf e son chilometri te lo garantisco, basta che guardi una mappa.

In mezzo a tutta questa strada ho mangiato una meravigliosa paella cucinata da ragazzi spagnoli che avevano allestito un banchetto, ho assaggiato un pesante, burroso, dolcissimo (e indimenticabile) brownie al cioccolato come solo in Inghilterra sanno fare.

Ma non solo: ho ascoltato musica dal vivo, ho visto il Southwark Bridge chiuso alle auto e allestito con un luuuungo tavolo comune, quasi fosse un picnic condiviso uscito da qualche cartone animato Disney, ho visto il Tower Bridge con il ponte alzato (e credimi non si vede spesso) per lasciar passare un veliero, mi sono rattristato vedendo stand con tutte le cucine del mondo e un solo stomaco per provarle.

Thames Festival, Southwark Bridge

Thames Festival, Southwark Bridge – Foto di Cristiano Guidetti

Tower Bridge "aperto"

Tower Bridge “aperto” – Foto di Cristiano Guidetti

 

In mezzo c’è stato tanto.

Thames Festival, Roast Hog

Thames Festival, Roast Hog – Foto di Cristiano Guidetti

Concerto improvvisato sul Southwark Bridge

Concerto improvvisato sul Southwark Bridge – Foto di Cristiano Guidetti

 

Ma alla fine, mi sono perso.

Arrivato al Tea Trade Wharf ho dovuto abbandonare il lungo Tamigi perchè rientrava con il canale all’interno della città e mi sono ritrovato in una zona mai vista.

Non avevo con me nessun mappa – non pensavo di arrivare fino lì – e ancora non avevo smartphone con gps per cui, eccomi perso, ed ecco quella sensazione che adoro e che purtroppo ho provato così poche volte nella mia vita.

Non sapere dove sei, quando non hai fretta e sei tranquillo, è felicità miei cari, pura, semplice e chiara.

Sono attimi, ma rimangono eterni nella memoria… anche perché nella realtà basta chiedere a qualcuno e per la prima volta viene fuori la parola Bermondsey e la sua stazione della metro a qualche centinaio di metri.

***

Dopo questo lungo preambolo che è anche una serie di consigli su cosa vedere a Londra (ci ricasco sempre) eccoci all’occasione mancata, alla “non scoperta” di Bermondsey.

Un paio di mesi dopo girovagando in rete trovo un articolo, ma è riduttivo chiamarlo così, sul sito del Guardian.

In realtà è storytelling, è podcast, è tanta tanta roba, si intitola
“London walks podcast: Ghostly Bermondsey” ed è un audio in cui diversi storytellers londinesi guidano alla scoperta di qualcosa di veramente strano.

Ed ecco la mia mente che torna a quel sabato pomeriggio, io c’ero a Bermondsey e non ne ho approfittato, ho lasciato in pace i fantasmi e mi sono morso le mani.

Ma non solo fantasmi, anche leggende, personaggi strani entrati nella storia, idee prese da quei luoghi che sono poi diventati romanzi senza tempo.

Come già detto, tanta tanta roba.

Ti invito a non fare il mio errore, ascolta il lungo podcast (lo metto qui sotto), prendi appunti su ciò che ti interessa e scopri una parte di Londra che nessun (o quasi) straniero pensa nemmeno di visitare.

Tornando alla mia storia, quando lessi e ascoltai la preziosa risorsa ero già a migliaia di chilometri di distanza… l’unica altra volta che tornai a Londra da allora furono 3 giorni convulsi in cui mi sentii come una pallina da flipper e per nulla al mondo avrei “rovinato” la voglia di Bermondsey con una visita di un paio d’ore soltanto.

Prima o poi questo quartiere del sud-est di Londra sarà mio, lo tatuerò nei miei ricordi come ho già fatto con angoli più o meno nascosti della capitale inglese, casa dolce casa  sempre e comunque, anche se non lo sarà mai davvero.

Riferimenti:
Thames Festival
London walks podcast: Ghostly Bermondsey
Album fotografico London Thames Festival

Un saluto,
Cristiano