Casa museo di Nelson Mandela

Casa museo di Nelson Mandela – Foto di Silvia Balcarini

 

Johannesburg, Sudafrica.

E’ nel Gauteng, la più piccola delle provincie sudafricane che si trova questa città, che oramai allargatasi a macchia d’olio, forma insieme alla capitale amministrativa Pretoria, la più grande area metropolitana del paese.

Questo altopiano circondato da colline e da enormi cumuli di terra scarti delle miniere d’oro, è il fulcro dell’economia, l’emblema dell’Apartheid e di Nelson Mandela.

Criminalità, traffico soffocante e mancanza di veri e propri tesori storici non la rendono attraente.

Jo’burg è pressoché divisa così: la parte nord è abitata dalla classe media spesso rinchiusa in case con recinzioni alte e con il filo spinato, le dimore con giardini a Parktown e Houghton, i localini a Melville, i centri commerciali a Rosebank e gli hotel a Sandton.

Il vero centro città è il distretto finanziario, a sud si trova Newtown che si prefigge di divenire il nuovo centro città, perché questa è la zona culturale, qui si trovano i musei, le gallerie, i caffè e il ponte Nelson Mandela.

Tutto questo è circondato da satelliti con i loro anelli: sono le baraccopoli o come le chiamano qui le township.

Soweto è la più antica e la più famosa tra queste.

Acronimo della sua posizione, South-west-township è il simbolo dei trasferimenti forzati delle popolazioni di colore e rappresentante della lotta all’Apartheid.

Tante sono le case costruite dal governo e chiamate scatole di fiammiferi per le loro dimensioni ridottissime di una o al massimo due stanze.

L’impegno del governo è quello di portare acqua corrente, sanitari ed energia elettrica, ma qui come in altre bidonville, ogni mese arrivano migliaia di nuove persone.

In questo luogo le condizioni umane possono essere decorose o bestiali.

Una parte di Soweto si è ormai trasformata in città.

Le case si sono ampliate, hanno il giardino e l’antenna satellitare.

E’ arrivata l’illuminazione pubblica, le strade in buone condizioni, i negozi e i ristoranti.

Qui non vivono più solo i pendolari neri ma è sorta una nuova classe media nera, persino qualche milionario, che ha scelto di continuare ad abitare a Soweto per dar forza e coraggio alla città.

Soweto non è più solamente la township con le due torri da raffreddamento, ormai inattive, sullo sfondo.

Con il cambiamento è arrivato il turismo e molte sono le agenzie che offrono tour guidati.

 Il nostro accompagnatore e la nostra guida

Il nostro accompagnatore e la nostra guida – Foto di Silvia Balcarini

 

La zona è piccola, in gran parte la si può percorrere a piedi, cosa che ti consiglio.

La maggioranza delle guide abita nella bidonville e questo non rappresenta solo un lavoro ma anche una giustizia sociale e una dignità umana.

Si inizia con il quartiere Orlando West, Vilakazi street, addirittura due i premi Nobel per la Pace che hanno vissuto qui: Nelson Mandela, la sua casa adesso è un museo, e l’arcivescovo anglicano e attivista politico Desmond Tutu, il primo a chiamare il Sudafrica la “Nazione arcobaleno”.

Più avanti la chiesa Regina Mundi famosa per aver accolto le riunioni segrete degli attivisti anti-apartheid, visibili vecchie foto che testimoniano le violenze e ancora presenti i fori di proiettili sparati dalla polizia.

Il giro si conclude con la parte più commovente.

Nel 1976 la polizia sparò sui manifestanti disarmati che protestavano contro l’imposizione della sola lingua Afrikaans (parlata dai bianchi) nelle scuole per neri.

Hector Pieterson, un bambino di 13 anni fu ucciso davanti alla sua scuola.

Il museo a lui dedicato in Moema Street contiene tra le altre cose il video a testimonianza del fatto.

Nella piazza, l’immagine del bambino ormai esanime, in collo ad un amico, a fianco la sorella che scappa chiedendo aiuto, di lato una vasca piena d’acqua a rappresentare il sangue che è stato versato.

Bellissimo il pensiero della madre di Mbuyiswa:

Mio figlio non è un eroe, si è comportato da fratello, perché lasciare in terra Hector e farlo calpestare dalla folla avrebbe voluto dire non poter più vivere

Il 16 giugno 1976 conosciuto come la Rivolta di Soweto è oggi la giornata della Gioventù.

Qualche tour si spinge fino a Kliptown Square adesso Freedom Square dove il Congresso dei Popoli ha stilato la Carta della Libertà pilastro della nuova Costituzione nata nel 1996.

Poco prima vedrai un lunghissimo muro interamente decorato di murales… è l’ospedale pubblico più grande al mondo con 5000 posti letto, il Chris Hani Baragwanath Hospital.

Inoltre se sei interessato/a puoi chiedere alla tua guida di accompagnarti allo stadio l’FNB o Soccer city, non molto distante da qui.

Se il tempo te lo permette puoi visitare il campo scuola dove i bambini più poveri della township hanno la possibilità di svolgere e imparare diverse attività.

Non è consigliabile entrare in Soweto da soli perché potresti sbagliare strada e perderti all’interno.

La segnaletica sta via via migliorando perché sia sempre più completa e visibile così da permettere in un futuro prossimo il giro autonomo del quartiere.

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Per qualsiasi informazione puoi contatta il sito http://www.soweto.co.za oppure una delle agenzie che trovi sulla tua guida di fiducia.

Con l’onere sulle spalle e con molti indugi ho deciso di dormire in uno dei pochi B&B che stanno nascendo dentro la township.

Viaggiando con un auto a noleggio e arrivando a Johannesburg nel tardo pomeriggio ho fissato con la guida, dandogli il mio cellulare, in un punto facile della città, e insieme abbiamo raggiunto il Neo’s Bed and breakfast: colorato, accogliente, pulito.

La casa ha un bel giardino e lo spazio per l’auto.

Lo splendido giardino del B&B

Lo splendido giardino del B&B – Foto di Silvia Balcarini

 

Questo B&B è gestito da una signora e dalla figlia le quali, precedentemente avvertite, ci hanno preparato un’abbondante cena.

 La padrona di casa del Neo's Bed and breakfast

La padrona di casa del Neo’s Bed and breakfast – Foto di Silvia Balcarini

 

La padrona di casa si è dimostrata molto ospitale, ci ha mostrato la sua casa e ci ha raccontato quanto tiene a questo progetto: un gruppo di sole donne con storie familiari difficili si è associato e aiutandosi l’una con l’altra ha dato il via a queste guesthouse.

La sala colazione

La sala colazione – Foto di Silvia Balcarini

La nostra camera

La nostra camera – Foto di Silvia Balcarini

 

Dopo cena ci siamo poi accorti di essere a qualche passo dal Sakhumuzi restaurant normalmente utilizzato dai turisti per il pranzo durante il giro.

Il locale animato da musica e dalla voce delle persone ci ha per un attimo attirato, ma non ancora ambientati e forse impressionati dalle parole della signora abbiamo deciso di rientrare in casa.

Per noi ogni turista che arriva qui è una goccia nel mare

Siete motivo di orgoglio e soddisfazione e sarebbe una catastrofe se vi capitasse qualcosa”.

A me si è allargato il cuore.

Articolo di
Silvia Balcarini