Piazza Unita' d'Italia, la notte

Piazza Unita’ d’Italia, la notte – Foto di Mariangela Traficante

 

Prima di partire per Trieste avevo deciso di prepararmi alla sua atmosfera leggendo un libro, Trieste sottosopra, scritto da un trestino doc, Mauro Covacich (ne parlo anche qui).

E una delle cose che mi avevano colpito di più era stato il racconto del rapporto, strettissimo, dei triestini con il mare.

Trieste non è una città “sul” mare, sembrava dirmi l’autore, ma quasi una città “nel” mare.

Se è estate, oppure anche solo se si tratta della prima giornata di sole di inizio primavera, e si arriva a Trieste dalla Strada Costiera (quella che, ad un certo punto, presenta un bivio che vi porta fino al Castello di Miramare), si capisce che è vero.

E’ Barcola, una striscia ininterrotta, di “bagni” come i cosiddetti “Topolini” ma anche di semplice lungomare pavimentato che tuttavia diventa spiaggia, un singolare colpo d’occhio con i bagnanti in costume sui lettini appena tirati fuori dalle auto, ad un passo dalla strada e dal suo traffico.

Particolare dei moli

Particolare dei moli – Foto di Mariangela Traficante

 

E poi. Passeggio per il salotto buono della città, la grande piazza Unità Italia, e penso a dove mi trovo: in pieno centro il mare entra in città, e ci si spalanca davanti la splendida scenografia naturale del mare aperto e delle colline.

Trieste è anche una città in cui in pochi minuti ci si immerge nella natura.

Fino a poco tempo fa lo si poteva fare anche prendendo il caratteristico tram di Opicina, che raggiungeva appunto l’omonina cittadina inerpicandosi tra le colline.

Purtroppo però da diversi mesi il servizio è sospeso ed è un vero peccato, non resta che sperare che venga ripristinato al più presto.

Trieste è anche indissolubilmente legata alla letteratura, tanto che l’amministrazione ha capito l’antifona ed ha posizionato in città, diversi anni or sono, le famose statue bronzee di tre dei suoi più illustri protagonisti: Umberto Saba (a due passi da quella che fu la sua libreria, in via San Niccolò 30), Italo Svevo (in piazza Hortis) e James Joyce (sul ponte che attraversa Canal Grande).

Ma molti di più sono i luoghi a loro legati, ed in particolare l’autore de la Coscienza di Zeno e lo scrittore irlandese ne condividono uno, un gioiellino per gli appassionati di letteratura: nei locali della biblioteca, in via Madonna del Mare 13, due piccole stanze (a ingresso gratuito) sono dedicate a  questi due personaggi che a Trieste si conobbero perchè uno, il più grande, Svevo, decise di prendere lezioni di inglese dall’altro, che di Trieste si appassionò fino ad arrivare a scrivere una lettera in dialetto, Joyce prima che diventasse Joyce, vale a dire prima della pubblicazione dei suoi capolavori.

Qui poco studio dei loro testi quanto piuttosto scampoli delle loro vite, immagini, manoscritti dei due scrittori, nonchè testimonianze della loro amicizia, come le cartoline di auguri di Natale spedite da Joyce negli anni parigini all’amico lontano Svevo (che era solito lamentarsi di questo rado contatto una volta all’anno, salvo poi rassegnarsi e ammettere che dall’irlandese dello stream of consciousness di più non avrebbe potuto aspettarsi).

Qui si possono trovare anche le utili mappe con i percorsi letterari sulle orme di Joyce, Saba e Svevo.

E dopo quest’immersione nella Trieste austro-ungarica di inizio ‘900, una volta usciti dalla biblioteca il salto verso la solare e mediterranea Trieste moderna di Cittavecchia è breve.

Intorno negozi e localini in una delle tante aree pedonali che fanno del centro storico una piacevole oasi dal traffico.

Ma a Trieste è breve, e continuo, il salto tra passato e presente e viceversa.

Perchè è d’obbligo la visita alla Risiera di San Sabba (in via Palatucci 5, ingresso libero), definito l’unico campo di concentramento nazista in Italia.

Celle Risiera di San Sabba

Celle Risiera di San Sabba – Foto di Mariangela Traficante

 

In origine era uno stabilimento per la pilatura del riso, costruito nel 1898 ma sotto l’occupazione tedesca i nazisti lo trasformarono dapprima in campo di prigionia e poi smistamento dei deportati verso i lager, ma qui furono uccisi anche tanti partigiani, detenuti politici ed ebrei.

C’era anche un forno crematorio che fecero saltare prima di fuggire, ma di cui oggi si avverte comunque la presenza invisibile grazie al tracciato sul pavimento del cortile e ad una installazione.

Fa uno strano effetto ritrovare oggi questo che è diventato monumento nazionale, uno stabilimento di mattoni rossi, in mezzo a una comune periferia urbana i cui palazzoni, palestre, capannoni stridono con la solennità che si vorrebbe associare al luogo, ma che è in qualche modo garantita dal corridoio d’ingresso, lungo e stretto in due altissime pareti grigie di cemento.

Da non perdere anche la mostra, fotografica e non solo, che racconta le vicende di questo lembo nordorientale d’Italia passato dall’Impero all’Italia fascista, dall’occupazione tedesca alla “gestione” angloamericana, per tornare poi italiana a un tiro di schioppo dalla ex Jugoslavia.

Ed è un’amara sorpresa scoprire che il processo contro i crimini della risiera si concluse solo nel 1976, praticamente l’altro giorno.

Ovviamente non si può parlare di Trieste senza citare il castello di Miramare, ma se la giornata è di festa aspettati una bolgia di pullman e auto e spera di trovare un parcheggio libero.

Alla sottoscritta non è riuscito, ma mi è capitato di leggere stralci di stampa locale ultimamente e ho capito di non essere stata la sola.

Impossibile però andare via senza entrare nei suoi celebrati caffè storici, il Caffè degli Specchi in Piazza Unità d’Italia, il Tommaseo grande e luminoso, ma non tutti sono sfarzosi, prendiamo ad esempio il piccolo Torinese.

Caffè così ci saranno sicuramente anche in altre grandi città, ma chissà perchè qui a Trieste vengono inondati di ben altro fascino.

Sarà anche merito del fatto che chi viene da luoghi frenetici da un espresso al banco e via qui capisce: i tavolini sono fatti per sedersi, magari anche a lungo a sorseggiare, leggere, chiacchierare.

Perfetti direi per una sera d’inverno.

Ma ora che siamo in primavera Trieste si gode molto di più percorrendo le sue rive, arrivando come i triestini doc sulla punta del molo Audace (così chiamato dal nome della prima nave della Marina italiana che qui attraccò dopo la Prima Guerra Mondiale) che si trova proprio di fronte a Piazza dell’Unità.

Andarci al tramonto dev’essere un grande classico, ma c’è un angolo molto suggestivo dove osservare il calar del sole, il Canal Grande (che tra l’altro è anche un’occasione per visitare la chiesa serbo-ortodossa di San Spiridione).

Canal Grande al tramonto e la statua di Joyce

Canal Grande al tramonto e la statua di Joyce – Foto di Mariangela Traficante

 

Al tavolo all’aperto di un caffè oppure sul ponte di fronte alla statua in bronzo di Joyce.

Scatterai delle bellissime foto.

Articolo di
Mariangela Traficante