Bombillas o pipette per sorseggiare il mate

Bombillas o pipette per sorseggiare il mate – Foto di Silvia Balcarini

 

L’argentino beve il mate.

Questa frase ermetica racchiude un mondo, il loro.

Il mio approccio sarà molto cauto, andrò in punta di piedi.

Perché la cultura di un paese è cosa seria, viene da lontano e spesso rimane inspiegabile anche ai propri detentori.

E’ un po’ come spiegare a un bevitore di tè, (inglese, cinese, olandese, sudafricano, ecc…) cosa è per noi il caffè, cosa è racchiuso nelle due dita di liquido nero e nocciola.

Non è una vera e propria bevanda, non è dissetante, non dura a lungo.

Infatti il nostro piacere istantaneo non è paragonabile al tè anche per una questione di durata, si parla dell’ora del tè e non della pausa caffè.

Poi c’è la nostra capacità nel modificare e quindi complicare, moltiplicando la scelta fino a numeri che tendono all’infinito, quello che per gli altri si riduce alla scelta fatta sulle dita di una mano.

E il mate cos’è?

E’ un infuso di erba Mate (yerba Mate o yerba), appunto, originaria del Sud America e in particolar modo del Brasile, Uruguay e Paraguay, ma in Argentina ha trovato la massima diffusione.
Nasce infatti durante il periodo dei conquistatori spagnoli e delle missioni gesuite, ecco perché è chiamato anche il tè dei Gesuiti.
Vedendo bere questo infuso dagli indigeni ma in acqua fredda e cercando un assonanza con il tè lo hanno riproposto in versione calda, dopo di che, per sorseggiarlo meglio, hanno inventato l’apposita cannuccia.

E’ un arbusto sempre verde della famiglia dell’agrifoglio, ne si raccolgono le foglie, le più piccole e tenere (credo come per il tè), si fanno asciugare, poi appassire vicino al fuoco, per circa un giorno, infine si macinano.

Proprietà, effetti, benefici.

Contiene in questo caso la mateina che è la parte energizzante, alcune vitamine e minerali, polifenoli, antidolorifico, diventa altresì diuretico date anche le quantità bevute.

Ma usciamo subito da questa divagazione simil- scientifica.

Hai presente il termos?

Più o meno ce lo abbiamo tutti in casa, è arrivato da non si sa dove, ce lo hanno regalato o ce lo ha lasciato la nonna.

E’ li in un angolo, mai usato.

Ebbene, un argentino che si rispetti ha il termos personale, uno per ogni membro della famiglia, e uno enorme, per le uscite, le occasioni, quando si è in compagnia.

Certo, perché quando si va in gita tutti insieme, oppure si fa un tragitto in macchina ci si mette d’accordo: “chi porta il mate?”.
Si vedono oltretutto i, a noi sconosciuti, “porta-termos”: a tracolla, a borsetta, di pelle o plastica per i termos piccoli e per quelli grandi.
Ognuno lo prepara alla sua maniera: più forte, più leggero, zuccherato e non.
E poi c’è l’erba mate, gli scaffali del supermercato ne sono pieni.
Su questo noi italiani comprendiamo perfettamente.

Ma dove si beve il mate? Ma nel matero (o mate)!

Ognuno ha il suo, personale ovviamente.

Per la maggior parte sono piccole zucche svuotate simili a una tazza tonda, con la bocca più stretta e senza manico oppure a una piccola giara delle dimensioni di un bicchiere.
Spesso sono decorate o colorate, perfino rifinite con elementi in argento, a volte possono essere in legno e adesso appaiono qua e là quelle di nuova generazione, in plastica, dai colori fiammanti e metallizzati.
Ma nella quotidianità, parlando con la gente, ognuno ha la propria, da sempre, che diventa la preferita.
E comunque ogni matero nuovo ha bisogno di un procedimento di “insaporimento” prima di essere utilizzato.

La mia collezione di zucche per mate argentino

La mia collezione di zucche per mate argentino – Foto di Silvia Balcarini

 

Il matero viene riempito, a occhio, di 2/3 con le foglie.
Anche qui secondo me dipende dalla persona che lo prepara, un po’ come facciamo noi con il caffè.
Poi arriva l’acqua.
L’acqua deve essere caldissima ma non bollente, potrebbe danneggiare l’erba e peggiorarne il gusto.
Dopo circa 5 minuti l’infuso è pronto.

Ma il sapore? Beh, a parer mio, è leggermente amarognolo, un gusto e un retrogusto simile alle tisane che “fanno bene”: tiglio, genziana, carciofo, finocchio.
Quelle famiglie lì.
Insomma non è un colpo di fulmine per chi come me non ama il genere.
Io però ne ho assaggiato giusto un sorso.

Imprescindibile dal mate è l’apposita cannuccia o pipetta di metallo chiamata bombilla, che per la propria struttura evita la sua otturazione.
Quando si beve il mate non si deve mai mescolare, girare o togliere le foglie dal fondo.
Verrà leggermente spostata la pipetta solamente quando le foglie in quel lato cominceranno a essere “lavate”.

La bombilla gira tra le labbra di tutti i convitati.
Questo è l’elemento di socializzazione e di costume più forte per chi osserva.
Gli argentini lo sanno, e ne ridono.
Nessuna epidemia, nessuna herpes dilagante, assicurano.
Voi del vecchio continente non capite”.
Se si lascia da parte l’aspetto strettamente igienico, il tutto assomiglia a un rito, ad un’unione forte proprio perché condivisa, le distanze si azzerano.
Il mate passa di mano in mano, difficile non pensare a un processo liturgico.
Lo diventa ancora di più quando avviene tra persone al di fuori della propria cerchia.
Ho visto la nostra guida presentarsi all’autista, e poco dopo preparare il mate per entrambi.
E’ ovviamente un’abitudine ma che lascia sorpresi chi come me, la vede per la prima volta.

Zucca/Matero comune per mate

Zucca/Matero comune per mate – Foto di Silvia Balcarini

A me ha colpito anche la tradizionalità ortodossa.
Lo si prepara allo stesso modo e con gli stessi mezzi di 500 anni fa.
Si può conversare bevendo il mate ma non è necessario.
Il primo a berlo è chi lo ha preparato e poi chi sta alla sua sinistra.
Ogni volta viene riempito il recipiente.
Non cercarlo in giro, il mate non è né al bar né al ristorante.
E’ normale invece chiedere che venga riempito il proprio termos con l’acqua calda, anzi, sono molto diffusi i distributori di acqua bollente gratuita.
Anche per tutti questi aspetti aumenta il suo carattere sacro.

Sicuramente il nostro disgusto per la promiscuità è un forte deterrente nel porgere il mate.
Il mate non si chiede, viene offerto.
E proprio per tutto ciò, che diventa difficile per un turista berlo girando per l’Argentina.
Questo paradosso ti fa render conto che puoi aver conosciuto in lungo e largo un paese senza esserti avvicinato abbastanza alle persone: non hai bevuto neanche un sorso di mate.

Articolo di
Silvia Balcarini