Scorci di Venezia

Scorci di Venezia – Foto di Luca Vivan

 

Venezia è un insieme infinito di opere letterarie, di immagini e di echi di mistero.

Il turismo l’ha resa ancora più celebre e allo stesso tempo l’ha condannata a essere una sorta di “Disneyland dell’Adriatico”, dove arrivi, paghi e te ne vai.

Eppure, dietro le facciate dei monumenti più fotografati, magari su un pozzo sul quale ti siedi o sopra il ponte che stai attraversando esistono storie che si intrecciano con la magia e la leggenda.

Venezia è cresciuta e prosperata in un’epoca dove la razionalità non era la regina tiranna che è ora.
Nel Medioevo e soprattutto nel Rinascimento, tra le navi cariche di spezie, tra il fiammingo, l’arabo, l’ebraico o il veneto dei mercanti, esisteva una corrente sotterranea che circolava potente, influenzando l’architettura, la pittura, la poesia, l’intera cultura di una città ricca e potente.

L’ermetismo, l’alchimia non erano solo la ricerca della pietra filosofale per trasformare il piombo in oro o dell’elisir di lunga vita per vivere in eterno, erano un modo di vedere la realtà, dove ogni elemento era legato a un altro, dove l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo si corrispondevano.

In giro per calli

In giro per calli – Foto di Luca Vivan

 

Capita così che vagando per le calli di Venezia ci si imbatte in simboli che non si riescono a decifrare, in numeri o statue che lasciano perplessi, poi la fretta o il fatto di non saperne nulla ti fanno girare la testa verso qualcos’altro.

Ho vissuto a Venezia quasi 7 anni e posso dire di non conoscerla molto.
Qualche scorciatoia, dei baretti dove mangiare e bere spendendo poco, degli scorci interessanti, ma quanto alle curiosità, alle storie che esprimono lo spirito di questa città così misteriosa?

Mi è venuto in soccorso un piccolo libro, che mi ha guidato in un percorso fatto di intrighi, angeli, diavoli e simboli, con il piacere del gioco e della sfida.

“The Ruyi” è la storia dello scettro del Qubilai Khan, discendente del famoso Gengis Khan, regalato a Marco Polo e portato a Venezia.
Strumento magico in grado di donare infiniti poteri al suo possessore è stato conteso per secoli tra la Repubblica della Serenissima e gli Invincibili, una setta di cospiratori, per poi perdersi nei meandri della storia.
Un professore di storia, Carlo Dolfin, ne ha ritrovato le tracce attraverso dei documenti di famiglia ma il suo interesse ha risvegliato anche quello degli Invincibili.

Giardini da scoprire

Giardini da scoprire – Foto di Luca Vivan

 

La storia mi ha subito affascinato e in compagnia della mia ragazza abbiamo iniziato la sfida: cercare il Ruyi attraverso le indicazioni di Carlo Dolfin, tra calli e leggende.

Il giocatore dispone di un codice personale e di un numero di telefono da cui riceve degli sms, che gli permettono di scoprire da dove partire e come procedere nell’avventura.
Non c’è un limite di giocatori, si può essere da soli o in più persone e per aumentare il senso della sfida si possono formare anche due squadre in gara tra loro.
Le pagine del libro si compongono secondo i codici presenti nei messaggi, dando vita ad una storia ricca di curiosità, leggende e miti di Venezia.

Noi abbiamo iniziato un bel pomeriggio di novembre con un’avventura base che dovrebbe durare due ore ma Venezia, pur sembrando piccola, è un intreccio non sempre facile da sciogliere.

Da campo S. Margherita ci siamo diretti verso piazza S. Marco, dove abbiamo cercato un pozzo in un campiello poco frequentato.
Facendoci strada tra gruppi di turisti e studenti che festeggiavano la laurea siamo subito penetrati in un’altra dimensione.

Scorci dall’acqua

Scorci dall’acqua – Foto di Luca Vivan

 

Mentre intorno a noi scorrevano persone di ogni nazionalità, ci addentravamo alla scoperta di angoli poco visitati e di storie sconosciute.
Man mano che procedevamo nella decifrazione degli indizi ci sentivamo dei cercatori di tesori.

Tra le tante informazioni preziose che il libro ci permetteva di scoprire, ricordo quella dei pozzi che come funghi di pietra spuntano nei campielli della città.
Ora sono quasi tutti interrati ma queste vere e proprie opere d’arte sono strutture complesse che permettevano di raccogliere e filtrare l’acqua piovana.
Sottoposti a un’attenta legislatura che ne tutelava la costruzione e la conservazione, erano aperti due volte al giorno al suono di un’apposita campanella dai capi contrada che erano incaricati anche di controllare la qualità dell’acqua.

Attorno ai pozzi, in molte culture, si tramandano numerose leggende, così come quello di Corte Lucatello, da dove è iniziata la nostra avventura.
Si narra che durante un’annata particolare il pozzo iniziò a prosciugarsi e così gli abitanti iniziarono a litigare per poter accedere all’acqua.
Durante una notte, un barcarolo si diresse al pozzo e vi incontrò una donna tutta vestita di bianco e ne ebbe paura perché si credeva che durante il buio la città fosse dimora di streghe malvagie.
La donna lo ammonì di non avere paura di lei ma di quello che gli sarebbe successo se non fosse tornato a casa prima dell’alba.
Il barcarolo, invece di fuggire, intimorito si mise a pregare e fu sorpreso da un uomo che sbucato da dietro le sue spalle lo pugnalò.
A quel punto la donna vestita di bianco intervenne e preso il coltello, fece cadere tre gocce del sangue del barcarolo nel pozzo che si riempì di colpo.
La dama intinse poi un fazzoletto nell’acqua sgorgata miracolosamente e asciugò la ferita mortale del barcarolo che si rimarginò per incanto.
Prima di andarsene i due uomini si girarono per ringraziare la signora ma era svanita nel nulla.
Ancora oggi si dice che nelle notti di luna nuova la signora vestita di bianco faccia delle apparizioni nella corte.

Simboli un po’ ovunque

Simboli un po’ ovunque – Foto di Luca Vivan

 

Nella ricerca dei 6 indizi della nostra avventura abbiamo scoperto altre curiosità, su chiese, simboli esoterici, numeri e palazzi.
Il fascino del gioco nasce dalla semplicità di muoversi per una città antica, dal seguire delle tracce e nello stesso tempo scoprirne la storia, sia quella ufficiale, sia le leggende, cominciando a intuire che dietro ai simboli sparsi ovunque esiste una magia diffusa e sconosciuta.

E’ come aver avuto una guida personale ma con la curiosità e l’attenzione che solo i giochi riescono a regalare.

Conclusa la nostra ricerca nel campo del Ghetto Nuovo e prima di andare nella vicina Fondamenta degli Ormesini per berci un’ombra di vino tra i tanti locali di quella zona ci siamo riproposti di tornare per cercare ancora il Ruyi, magari nella tarda primavera e forse anche di notte.

Non basterebbero cento vite per conoscere Venezia ma seguendo un tesoro leggendario si possono scoprire molte ricchezze ancora oggi vive e misteriose.

Articolo di
Luca Vivan