Il planisfero simbolo dell’energia dei continenti

Il planisfero simbolo dell’energia dei continenti – Foto di Silvia Balcarini

 

Che il viaggio porti energia è chiaro a chiunque si sia allontanato minimamente da casa.

Natura, uomini e opere sono i pochi colori ma dalle inesauribili gradazioni che si mescolano ancora con chi li osserva creando formule infinite.

Semplice: l’energia che crea energia.

Hai mai provato ad analizzare quale parte di te viene stimolata da questa energia?

Si può ricondurre il tutto agli elementi necessari all’essere umano?

Io sono partita dalla divisione del planisfero nel modo più semplice che conosciamo, in comparti, i continenti.

Questo metodo non tiene conto di eccellenti fattori che determinano poi la storia, gli usi e i costumi locali.

E’ solo una piccola grossolana e spiccatamente personale analisi da cui traggo la mia formula energetica.

Vediamo se coincide con la tua!

Parto da casa.

Europa: le mani.

Le nostre funzioni vitali sono dettate dal cervello, cuore e polmoni ma è la mano che traduce gli eterni impulsi elettrici.
Tenendo in mano una penna sono stati scritti romanzi, novelle, tragedie e poesie che come una macchina del tempo ci risucchiano dentro di loro.
La musica! La mano mette in fila le note sul pentagramma e sempre le dita delle mani pizzicano le corde e premono i tasti per ripeterne le sinfonie.
E sono le mani forti quelle che innalzano chiese, fortificazioni e palazzi.
La mano può sorreggere un pennello o uno scalpello creando la perenne incredulità nel constatare che quell’uomo è nato da una pietra, da una tela o su un muro e che da li può raccontarsi.

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Asia: il pensiero.

Esso lo si può percepire anche come anima e spirito, è tutto ciò che ci ricorda di quanto l’uomo, se vuole, può evolversi solamente pensando e aspirando a qualcosa di più giusto.
Mi viene in mente il pensiero confuciano, la filosofia buddista, i tantra, la meditazione.
Il pensiero come unità di misura dell’energia della mente.

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America/che: Il torace e l’apparato genitale.

Il ritmo convulso del cuore che accompagna il vizio, che fa muovere il corpo nella girandola delle voglie terrene, il sudore che conduce nella ricerca del piacere, del desiderio e del possesso.

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Oceania: Non essendoci ancora stata (bisognerà porvi rimedio) questo continente rappresenta la lontananza, io lo paragono alle gambe, ai piedi, perché la strada da percorrere è lunga e qui ancora di più.
Diventa l’ultimo parametro a garanzia della grandezza del mondo che in alcune circostanze resta ancora inarrivabile, il peso della bilancia che riequilibra un po’ l’ego umano.

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Africa: il ventre.

E’ l’insieme di dolore e vitalità che la creazione comporta.
Ne respiri il personale attaccamento, l’istinto primordiale, ti senti addosso il suo imprinting, è l’ineluttabile certezza che il distacco non potrà essere immediato.

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(Ho messo anche il sesto continente cosciente del fatto che non sempre è considerato o inserito nella lista).

Antartide: l’aldilà.

La neve a perdita d’occhio senza punti di riferimento mi fa pensare al paradiso, ognuno può disegnarci sopra tutto ciò che vuole, può dare svago all’immaginazione mentre per chi non crede nell’oltre è innegabile l’immagine statica e tranquilla della morte.
Energie differenti ma complementari, organi riconducibili a un unico corpo.

Rimane una sola domanda a cui rispondere: di quale energia possiamo fare a meno?

Articolo di
Silvia Balcarini