Namibia: zebre di montagna

Namibia: zebre di montagna – Foto di Silvia Balcarini

 

Stai usando l’auto in Namibia?

Ti auguro di insabbiarti, è una delle cose migliori che possono capitarti.
Certo, meglio che accada di giorno, meglio ancora se vicino a una casa o perlomeno che uno sventurato si aggiri nei paraggi, infatti sarà lui adessere sventurato perché ti ha incontrato mentre si faceva i fatti suoi, tanto è vero che gli toccherà fermarsi per aiutarti a spingere la macchina, utilizzare le proprie mani a mo’ di pala per la sabbia e gridare a gran voce in modo che un drappello di genti arrivi in soccorso.

Eccoci tutti insieme, l’età è trasversale, c’è chi ha raggiunto la posizione eretta da un anno e chi la sta perdendo giorno-giorno, chi si dà da fare come meglio crede, e chi osserva consigliando sul da farsi.

Adesso tutti a bordo, si sbattono insieme le mani per spolverarle un po’ e si saluta il gruppo.

“Chissà che penseranno di noi?” Mi chiedo sempre in queste situazioni.

Questo trasferimento si rivela una giornata dedicata a noi.
La strada in Namibia si presta a questo, la via è deserta, il panorama della savana è rilassante, anche per chi è al volante, i finestrini sono aperti, la musica non c’è perché è il momento di un primo bilancio collettivo su ciò che sta accadendo, su ciò che ci circonda e un po’ anche su di noi.

E allora perché non fermarsi in ogni dove per scattarci foto improbabili e improponibili?

Fare i deficienti lontano da tutti non ha prezzo!

Fare i deficienti lontano da tutti non ha prezzo! – Foto di Silvia Balcarini

Fare i deficienti lontano da tutti non ha prezzo!

Il nostro traguardo arriva con il Palmwang Lodge, si mi arrendo in un altro comodo lodge, porca miseria in fondo se la chiamano vacanza un motivo ci sarà?

Eccomi infatti, nella mia grande camera, il letto con la zanzariera a baldacchino, cuscini zebrati, poltrona in vimini, decorazioni in legno, bagno extralarge, terrazzino privato, mmmmhhh…

Non credere ai ben pensanti, l’Africa si respira anche qui.

A parte gli scherzi, questa zona chiamata appunto Palmwag (già Damaraland) regala scorci e canyon indimenticabili, Van’zilis o Purros (fattibile solo in 4X4), ne sono un esempio.

Two Palms Palmwang

Two Palms Palmwang – Foto di Silvia Balcarini

 

Un territorio inospitale certo, ma che contiene valli, palme, rocce, acqua, gole, perciò non chiamarlo desolato.
Esso è il regno delle zebre di montagna (sono più basse e tozze delle sorelle, con orecchie più grandi e possono avere le strisce nere e marroni) e degli elefanti del deserto.
I pachidermi sono famosi perché riescono con la proboscide e le zampe a scavare raggiungendo l’acqua nel sottosuolo, ma la cosa ancor più impressionante è la loro abilità nell’individuare i punti migliori.
E sono sempre loro a cibarsi di piante adulte come se volessero preservare quelle più giovani.

Questi diversi punti sono vicini, da poter raggiungere in giornata, ma non facili da individuare; ti conviene chiedere informazioni al lodge o ancora meglio, trovare qualcuno da far salire in macchina ed accompagnarti.

Palmwang Nambia

Palmwang Nambia – Foto di Silvia Balcarini

Stasera sotto una nuvola di stelle è l’ora del tè al rooibos (che credevi?) intenta a digerire la carne alla brace e a provare a dare un nome a certe strane sensazioni.

C’inoltriamo ancora, il Damaraland ti mostra efficacemente e più che altrove perché la Namibia sia la nazione più arida di tutta l’Africa sub-sahariana.
Questa regione è conosciuta soprattutto per le pitture rupestri (a me non piacciono ma la “Signora Bianca del Brandberg” è qualcosa di unico) e per la foresta pietrificata, entrambi di indiscussa importanza scientifica e storica.
Se vuoi entrare nel parco (è una collinetta) e farti un giretto a piedi di un quarto d’ora potrai vedere alberi enormi, in larghezza e in lunghezza, oramai divenuti pietra e risalenti anche a circa 250 milioni di anni fa.

Da queste parti la polvere rossa può diventare sassosa, creare cumuli multiformi, può cambiare colore e diventare vulcanica (Burnt Mountain), formare grottesche strutture come la roccia a dito (Vingerklip) o le Organ Pipes o canne d’organo (ricordano infatti un’enorme organo di chiesa).

Nell’area parcheggio può già darti un’idea, se invece vuoi vedere le canne sulle pareti più alte prendi il sentiero, è vicino.

Ma la più bizzarra e forse la più riconoscibile (per anni la sua foto è apparsa sulle copertine dei cataloghi Namibia) è la formazione rocciosa chiamata Wave Rock, a forma d’artiglio o Lion’s mouth ad attrarre i turisti, e la splendida veduta sulla valle Aba Huab.

Wave Rock a forma d’artiglio o Lion’s mouth Namibia

Wave Rock a forma d’artiglio o Lion’s mouth Namibia – Foto di Silvia Balcarini

 

Sto parlando di Twyfelfontein, dichiarato patrimonio dell’Unesco per i graffiti rupestri (non pitture); sono tantissimi.

E’ dalla terrazza del Twyfelfontein country lodge, disegnato perfettamente per questo contesto, che assisto allo scenario infuocato sulla valle all’ora del tramonto: qui niente da solo è d’impressione visiva ma è l’insieme che regala, in un territorio dimenticato da Dio, quanto la Natura da sola possa plasmare estrosamente se stessa.

Twyfelfontein: graffiti rupestri

Twyfelfontein: graffiti rupestri – Foto di Silvia Balcarini

Articolo di
Silvia Balcarini