Uno scorcio di Sauris

Uno scorcio di Sauris – Foto di Luca Vivan

 

Quando puoi vedere una cosa nella sua totalità – egli disse – ti pare sempre bellissima. I pianeti, le vite… Ma da vicino, un mondo è tutto terra e rocce. E, da un giorno a un altro giorno, la vita è un lavoro duro, ti stanchi, ne perdi la forma generale. Hai bisogno della distanza, di un intervallo.

Sono partito da questa frase di Ursula K. Le Guin, tratta da uno dei suoi capolavori (tradotto infelicemente con “I reietti dell’altro pianeta”), da una metafora del bisogno del viaggio, anche se breve, per darsi una tregua e riprendere la visione della totalità, la capacità di cogliere i disegni nascosti nella vita di ogni giorno che la routine, la nostra zona di comfort e i nostri pensieri in loop rendono offuscati.

Chiuso il libro e con lo zaino in spalla mi sono lasciato portare verso l’ignoto dalla mia ragazza.

Abbiamo lasciato la pianura, le tante case, le tante fabbriche, il rumore continuo e piano piano siamo entrati in Carnia, un territorio del Friuli che si trova nella parte est della provincia di Udine e a nord di quella di Pordenone.

Mentre la primavera scoppia nei fiori di pesco o di prugno, ci siamo alzati di latitudine e tra tornanti stretti e strapiombi, ecco ricomparire la neve, un lago quasi ghiacciato.
A 1400 metri di altezza è come tornare indietro nel tempo alla ricerca di un inverno sfuggente, tra i pochi suoni del fine settimana, le scarse automobili di queste strade a serpente, mentre i tetti delle vecchie case di legno o di quelle più nuove di cemento sembrano sopportare un carico di neve irreale, spropositato.

Altezza della neve

Altezza della neve – Foto di Luca Vivan

 

Eccomi a Sauris, un paese che in verità sono due, Sauris di Sotto e Sauris di Sopra, di circa 400 abitanti, alcuni dei quali discendenti forse di quei due soldati tedeschi che sfuggendo dalla milizia si insediarono in questa valle attorno al 1200.

La lingua del posto il saurano, è infatti legata ai dialetti tirolesi, un enclave linguistica di tipo germanico, che si riscontra nei cognomi e nella toponomastica.

Della storia antica della comunità originaria sappiamo però poco, perché un incendio della canonica di Sauris di Sopra, nel 1758, distrusse gli archivi e quindi le testimonianze del passato.

Nonostante la mia curiosità, la voglia di sapere, lascio che le emozioni si acquietino, che il telefono taccia, permetto al silenzio della neve e del piccolo borgo di Sauris di Sopra di avere la meglio su tutto il chiacchiericcio della mente.
E’ vacanza ed è giusto che sia così.

Ho deciso di lasciarmi stupire tranquillamente e Sauris me lo concede.

Artigianato a Sauris di Sotto

Artigianato a Sauris di Sotto – Foto di Luca Vivan

 

Dapprima il b&b dove alloggiamo, accogliente e caldo.
La stanza è grande e quello che colpisce è soprattutto il terrazzo dove stare seduti volgendo lo sguardo verso valle o verso le montagne, lasciandosi scaldare dal sole riflesso sulla neve.
Qua ci godiamo due pranzi con pane e speck prodotto a Sauris di Sotto o il formaggio della Carnia comprato in una latteria durante il viaggio.
La colazione conferma poi l’aria genuina del luogo, con strudel, marmellate e pane fatto in casa, più una tisana delle proprie erbe coltivate nell’orto ora coperto da metri di neve sotto il nostro terrazzo.

Pane di pasta madre fatto in casa, caciotta con rosmarino e timo, formadi frant e speck di Sauris

Pane di pasta madre fatto in casa, caciotta con rosmarino e timo, formadi frant e speck di Sauris – Foto di Luca Vivan

 

La vacanza di due giorni si snoda tra piccole passeggiate, laddove è possibile camminare, perché la neve si sta sciogliendo e quindi aumenta il rischio di valanghe.

La voglia di scoprire o semplicemente di vagare tra boschi di faggi e conifere comunque ci spinge a cercare alcuni sentieri che si arrampicano poco lontano dal nostro alloggio o quelli che scivolano verso valle e uniscono i due borghi.

Scendendo a Sauris di Sotto, tra la solitudine della domenica pomeriggio, passeggiando quasi in punta di piedi tra le piccole vie, scopriamo una piccola eccellenza, una latteria che vende formaggi di mucca e di capra provenienti dalle malghe delle montagne vicine, che avvolgono il palato con il sapore deciso del latte crudo e i sentori delle erbe dei pascoli.

Eppure, è il silenzio ad essere l’elemento che rende possibile la magia del luogo, del paese fatto di case per lo più di legno costruite con un antico sistema ad incastro, del paesaggio racchiuso dalle montagne e i boschi di abeti, larici e pini.

Sauris di Sopra, il tramonto

Sauris di Sopra, il tramonto – Foto di Luca Vivan

 

Mentre respiro l’aria pura e il sole mi inonda sul terrazzo, l’unico suono che sento è quello della neve che si sta sciogliendo o di un balcone che si apre.

Neve che si scioglie a Sauris di Sotto

Neve che si scioglie a Sauris di Sotto – Foto di Luca Vivan

 

E’ una ricchezza che vale molto più di quanto possa sembrare.

Camminando per le piccole e strette vie attorniate da muri di neve, curiosando nelle insegne, l’impressione è quella di una comunità vivace e virtuosa, dove c’è poco ma quel poco risalta ed è condiviso.

Così la birra Zahre (che è poi il nome di Sauris nella lingua saurana), artigianale e locale, che è presente in tutti i ristoranti del paese, si gira l’angolo ed ecco comparire un laboratorio artigiano così ben curato che pare di essere in una grande città, dove il feltro assume forme preziose e divertenti, i cui oggetti si trovano nelle altre attività commerciali.

Una Zahre dopo una buona passeggiata

Una Zahre dopo una buona passeggiata – Foto di Luca Vivan

 

Fatti pochi passi ed ecco un’azienda che lavora il legno e poi i tre luoghi dove andare a mangiare.

Il cibo merita da solo una visita e non si sa da dove iniziare.

La prima sera, in una piccola osteria, il piccolo menù trae in inganno, i sensi si fanno comunque corteggiare, dalla preparazione dell’oste che tiene all’ospitalità e alle eccellenze regionali, dai latticini che difficilmente si possono trovare altrove, come il formadi frant, fatto di formaggi freschi e vecchi sciolti nel latte e nella panna; dagli affettati tra cui ovviamente lo speck e il prosciutto prodotti a Sauris dall’azienda Wolf e dal Vecchio Sauris; dall’immancabile frico, tipico piatto friulano, povero ma sostanzioso, fatto di patate e formaggi sciolti; dallo strudel carnico il cui ripieno è di mele e un biscotto sminuzzato, perché la frutta secca era necessaria per il baratto con i paesi vicini; e per finire le grappe casalinghe di erbe di montagna, come il sedano selvatico o il cumino.

La sera successiva è ancora una sorpresa, nel silenzio della domenica, quando gli altri turisti sono partiti, i tavoli sono vuoti e nel tepore del ristorante ci siamo solo noi.

Qui il menù incuriosisce da subito e vien voglia di provare tutto, perché solo il suono dei nomi delle pietanza stimola l’appetito.
Il gusto non viene tradito anzi, ma volutamente lascio cadere il silenzio, per invogliare il lettore a sperimentare da sé, non ne rimarrà deluso.

Chiudersi alle spalle la porta del ristorante e fare qualche passo, perché la gola richiede un po’ di esercizio fisico, perché sarebbe un peccato non godere di un cielo che ai bordi è stellato mentre nel centro è chiaro di luna.

Le montagne luminose e il silenzio ancora più fitto, le poche luci dei lampioni e si è pervasi dalla magia del luogo, di quello che le parole non possono raccontare né le fotografie possono cogliere e che si può solo sperimentare.

L’intervallo si sta chiudendo e presto si tornerà alla terra, alle rocce, alla routine, eppure quel silenzio di neve e di luna rimane come un’eco nemmeno distante, una certezza che si può ritrovare e che magari sarà in estate con i prati fioriti laddove ora calpesto neve.

Articolo di
Luca Vivan