No al razzismo

No al razzismo

 

Il profumo di primavera suscita risveglio, progetti, nella mia setta obiettivi di viaggio e, vista questa aurea leggera che pervade nell’aria mi chiedo: “ma i viaggiatori sono più o meno razzisti degli altri?

Eh?

E tu che pensavi che questo blog fosse come gli altri…

Ti prego, non ti definire subito come non razzista.
Praticamente non vuol dire niente.

Il fatto che non tu abbia mai fatto azioni negative a scopo razziale (e lo spero bene!) vuol dire solo che non sei un criminale.

A sfondo razziale, per lo meno.

Che di razza ce ne sia una sola, quella umana, spero che siamo tutti concordi, altrimenti io sono già razzista nei tuoi confronti.

Intanto una promessa, non userò citazioni a riguardo, numerose e tutte meritevoli.
Amo le citazioni, che invidia verso chi le sa utilizzare di ogni e si ricorda perfino di chi siano (io ho problemi anche con i titoli dei film o dei libri), ogni volta che ne leggo o ne ascolto una me ne innamoro, mi vedo già mentre la cito parlando, facendo bella figura, invece niente, a me fanno l’effetto delle barzellette: appena finisco di ridere l’ho già dimenticata o peggio, non riesco più a ricordarmi come va a finire.

Adesso continuo senza divagazioni (spero).

Il razzismo nasce dalla paura dell’altro, l’altro inteso come quello fuori dal nostro gruppo omogeneo.

Sempre più spesso si mescola e si confonde con l’accezione nemico.

Il nemico diventa oggetto di razzismo e altrettanto spesso l’elemento del mio razzismo diventa il mio nemico.

Il fatto stesso di viaggiare anche tramite i documentari, le letture o solo per vacanza ci dovrebbe scansare dall’essere razzisti.

Viaggiare è la scelta consapevole di un incontro frugale ma intenso con chi non ti appartiene.

Ma è tutto così immediato e semplice? Purtroppo per me no.

Mi capita spesso in viaggio di scontrarmi con realtà che non approvo, che non ammetto e che perfino detesto.

Ci sono luoghi bellissimi che porto nel cuore, pieni di gente che mi ha commosso e nello stesso tempo mi ha fatto letteralmente arrabbiare per certi comportamenti lontani anni luce dai miei.

Non nascondo di aver etichettato con pochi aggettivi una popolazione composta da milione di anime come se fossi la portatrice universale di verità.
Per la presunzione di aver toccato con mano l’assoluto.
Per poi essermene pentita, ma poi neanche fino in fondo.

Continui lampi di buio-luce-luce-buio a cui in nessun caso i tuoi occhi si abituano.

Per quale motivo lo stesso odore di spezie annusato passeggiando con lo zaino ci conquista e sentito nella tromba della scale del nostro palazzo un po’ forse ci infastidisce?

Perché assistere a riti religiosi differenti ci emoziona e gli stessi ci fanno paura a casa nostra?

Come mai non posso affermare con assoluta certezza che: siccome viaggio ho scampato il pericolo del razzismo?

Io mi rispondo così.

In natura il più forte batte il più debole.
Noi essendo animali e seguendo lo stesso principio seguiremmo la natura.
Tutto a posto allora.

Manco per sogno.

Noi siamo quelli evoluti (o almeno ce lo diciamo), ci troviamo in cima alla catena alimentare, non abbiamo predatori “ufficiali” e nonostante ciò ci siamo inventati la tortura, l’oppressione e la guerra.

Patriottismo, bandiera, storia, tradizioni.
Cardini fondamentali per definirsi popolo; lo capiamo anche noi, che di questi, siamo deficitari.

La propria cultura è la propria identità.

Non credo nemmeno a chi dice che i confini ce li siamo imposti noi.
E’ ovvio che siano nati per motivi strategici, di conquista e post bellici.
E non sempre siano riusciti a racchiudere più comunità dentro una più grande nazione, anzi.

Ma alcune linee guida, volenti o nolenti, sono state unite sotto un’unica ala.

Così lingua abitudini ed educazioni si riaffermano paradossalmente quando c’è il pericolo vero o percepito di perderle.

Sia che siamo minoranza o maggioranza.

Dico la verità, giustificare, comprendere, non generalizzare a volte è sinceramente difficile.

Anche la propria coscienza oramai fa fatica a emergere sobbarcata ogni giorno dai mass-media.

E allora come risalire l’imbuto del razzismo?

In definitiva credo che viaggiare non curi la malattia ma sia una delle possibili medicine.

I paesi, i popoli, gli individui possono essere raccontati in infiniti modi diversi.
Ho la sola certezza che, alla tua storia io posso aggiungere anche la mia.

Articolo di
Silvia Balcarini