Catacombe di San Sebastiano

Catacombe di San Sebastiano – Foto di Herb Neufeld

 

La nostra bellissima e invidiatissima Capitale è famosa per gli innumerevoli monumenti e resti romani, per i parchi, per le chiese e per la sua storia antichissima, tutto alla luce del sole.

Oggi voglio parlarti della Roma che si sviluppa sotto terra, parecchie decine di metri sotto gli splendidi monumenti che tutti conosciamo, e precisamente delle Catacombe, un luogo oscuro ma affascinante che chi visita la città non può certo dimenticare.

Magari non sono la prima cosa che si segna nella lista delle “cose da vedere a Roma”, ma una volta girata in superficie questo mondo sotterraneo merita sicuramente una sosta.

Le Catacombe cristiane di Roma sono più di 60, di cui soltanto cinque sono aperte al pubblico: sono quelle di San Callisto, San Sebastiano e Santa Domitilla nella zona dell‘Appia antica e le catacombe di Priscilla e di S.Agnese nell’area Nomentano-Salario, tutte costruite lungo le vie consolari.

Vi sono anche sei catacombe ebraiche, quattro scomparse e due chiuse: Vigna Randanini e Villa Torlonia.

Ti parlerò qui in particolare delle Catacombe di San Sebastiano che hanno una notevole importanza in quanto si suppone che abbiano ospitato temporaneamente le spoglie dei due martiri Pietro e Paolo.

Si trovano nella zona dell’Appia Antica e per raggiungerle si può comodamente prendere l’Archeobus, un bus turistico che, come i Citysightseeing di cui ti ho parlato qui, effettua un percorso lungo un itinerario interessante e diverso dai consueti, con la possibilità di salire e scendere quando e tutte le volte che si vuole.
Per informazioni ecco il link.

Queste Catacombe, estese su quattro livelli, derivano il loro nome da ‘ad catacumbas‘ che significa in latino ‘presso le depressioni‘, in quanto sorgevano in un profondo avvallamento, usato come cava di pozzolana, questa denominazione è divenuta poi sinonimo di cimitero sotterraneo.
Venivano usate già come luogo funerario pagano precedentemente ma si trasformarono in necropoli cristiana verso la fine del II secolo, e furono dedicate ai Santi Pietro e Paolo.

Si narra che le spoglie dei due santi sarebbero state trasportate qui attorno al 256 per evitare che venissero disperse durante le persecuzioni di Valeriano e poi riportate al Vaticano e all’Ostiense in un periodo più sicuro.
Questa notizia non è certa e il dibattito tra gli studiosi è tuttora aperto.

Si parte dalla Basilica di San Sebastiano, chiesa in stile barocco, nella cui prima cappella a sinistra si trova una statua in marmo levigato progettata dal Bernini, ma realizzata da Antonio Giorgetti, in cui è rappresentato San Sebastiano e attraverso dei gradini si accede alla cripta, dove sono anche conservati i resti del Santo.

Si scende per dei ripidi scalini e ci si immerge nell’umida atmosfera delle sepolture cristiane scavate nel tufo, stretti vicoli, illuminati solo da poche lampade, costellati di bui cunicoli alle pareti, formano un labirinto immenso, una città sotto la città… mai perdere di vista la guida perché il rischio di non trovare l’uscita è concreto.

La sensazione che qui il tempo si sia fermato è molto forte, e si respira un che di sacro a sapere che migliaia di persone giacciono qui da chissà quanti anni.

Molte sono le sepolture povere, ma ve ne sono anche di monumentali che si trovano nell’area ‘la piazzola’, uno spazio esteso che in origine probabilmente si trovava all’aperto.

Su questa piazzola si affacciano tre mausolei decorati con raffinatezza, probabilmente appartenuti a cittadini facoltosi.

Attorno alla metà del terzo secolo la piazzola venne completamente interrata e venne creato un grande nuovo spazio ad un livello superiore rispetto a quello precedente.

In questa fase fu creata la Triclia, un ambiente coperto al quale si accedeva da una piccola scala, formato da una grande sala porticata dove si celebravano banchetti funebri e sopra i resti della quale fu edificata, nel IV secolo la basilica Apostolorum, oggi basilica di San Sebastiano.

Un paio di link per approfondire:

=> Catacombe.org

=> Catacombe Roma

Articolo di
Alessia Scarparo