E poi scatti… senza filtri, senza ritocchi ma solo grazie al tuo occhio e un po’ di fortuna

E poi scatti… senza filtri, senza ritocchi ma solo grazie al tuo occhio e un po’ di fortuna – Foto di Silvia Balcarini

Una spalla tagliata, una testa mozzata, i piedi che non ci sono più.

Questa non è una scena macabra di un film o di un telefilm ma la descrizione nuda e cruda di numerose foto datate anni ’70 e ’80. 

Quando mi capita di sfogliare gli album, o trovare quelle sparse nei cassetti, mi imbatto in immagini a prima vista raccapriccianti e inspiegabili (ma non si rendevano conto dall’oculare che l’inquadratura era finita?), che poi dopo mi emanano tenerezza.

Non c’era una cernita: la buia, la mossa non venivano buttate ma nemmeno scartate.
Il risultato della pellicola sviluppata veniva operosamente incollato sui grandi album pesanti.
Alcuni, i più vecchi, avevano addirittura la velina tra le pagine, altri, più moderni, la tasca di plastica trasparente.

Per trovare qualche ritratto meritevole devi cercarlo tra quelli in bianco e nero, quando i nostri avi andavano appositamente nello studio del fotografo e si mettevano in posa marmorea senza respirare!

Oppure gli scatti all’interno delle buste, in formati che nessun album potrà contenere, sono quelle che gli sposi ti consegnano dopo il matrimonio, lì sì, la luce, il fuoco, tutto è sapientemente calcolato tranne, spesso, le facce delle persone che ancora non hanno capito che non si deve parlare ma guardare solo in quel punto lì di fronte.

Poi che bello, abbiamo imparato a farle le fotografie, o meglio, abbiamo avuto la possibilità di usufruire di apparecchiature avanzate che oramai lavorano per noi.

Tutti ci siamo appassionati, del resto la foto rappresenta il potere di fermare il tempo a nostro piacimento, di trasformare un ricordo mentale in un’immagine fisica che può essere condivisa e conservata.

Ma questo potere ora ci sta dando alla testa. Perché adesso non c’è più solo il lavoro della macchina ma c’è anche il nostro. Lasciamo stare le pose oramai tanto ammiccanti quanto inquietanti perfino dei bambini o persone di mezza età…

E non mi riferisco nemmeno agli effetti che programmi e applicazioni regalano, quello lo considero un gioco (con le dovute eccezioni).

Qui sto parlando del ritocco continuo, senza ritegno, senza rispetto che i soggetti fotografici meriterebbero.
Sempre di più con fatica riesco a trovare in Natura ciò che la foto mi mostra. Fiumi, alberi, pitture, luoghi di culto e sculture non sono più autentici in foto.

I colori forzati non appartengono più alla propria naturalità, la luce è enfatizzata, il soggetto è manipolato, i particolari alterati. Ciò che crea fastidio non viene abilmente evitato con la ricerca di un’inquadratura ad hoc ma eliminato con un clic.

Non si accetta di visitare e fotografare un luogo all’ora sbagliata o con il cielo sfondato nelle giornate di pioggia. La fotografia nata per imprimere la vista su carta adesso ne risulta una razionale contraffazione.

30 scatti ma il formichiere è sempre mosso…

30 scatti ma il formichiere è sempre mosso… – Foto di Silvia Balcarini

E che pena scorrere queste istantanee soprannaturali in alcuni blog di viaggio.
Ma i blogger non dovrebbero differire dal resto per la loro genuinità?

A regola, gli articoli che si scrivono, i consigli che si danno dovrebbero avere in primis il presupposto di non avere filtri. Altrimenti mi sfugge la differenza! Fino a qualche anno fa guardando le immagini del mondo ero certa che di persona avrei assistito alla meraviglia perché nessun duplicato poteva competere con l’originale.

Adesso sono confusa.

Ciò che è bello deve essere perfetto o corretto, altrimenti non lo è.(?)

Mi capita sempre più spesso che la foto non corrisponda alla realtà e che quest’ultima sia meno emozionante. Che triste paradosso!

È come se fossi stata derubata di una parte delle emozioni che si provano viaggiando: la prima per fortuna c’è ancora, quella dovuta allo stupore di trovarsi in quel luogo, di poter toccare, respirare dal vivo e guardare in maniera tridimensionale; la seconda invece è evanescente.

Che ne sarà di me quando ci saranno le fotografie truccate e tridimensionali!
Spesso le peggiori fotografie le ho scattate nell’attimo dell’emozione, il tremolio delle mani non è stato efficacemente corretto dalla fotocamera.

E certo che ho urlato quando me ne sono accorta!

Ed è altrettanto ovvio che ho bofonchiato tutto il giorno se durante un’escursione ha piovuto e i flash erano color cenere. Ma la giornata era stata quella e quelli sarebbero stati i ricordi da memorizzare.

Ci stiamo abituando a tutto ciò che è perfettamente irreale e non alleniamo più i nostri occhi nella ricerca, a volte minuziosa, di tutto ciò che c’è realmente di bello tra le imperfezioni del mondo.

Dobbiamo recuperare un po’ di tenerezza dalle foto con i corpi mozzati.

Articolo di
Silvia Balcarini