Ristorante anni '50 in Harlem

Ristorante anni ’50 in Harlem – Foto di Silvia Balcarini

New York possiede, come poche altre città americane secondo me, dei lineamenti netti, facilmente riconoscibili e quindi familiari nella nostra mente, anche se non ci siamo mai stati.

I grattacieli inquadrati dal basso e dall’alto sono diversi gli uni dagli altri e tutti molto belli; gli angoli delle strade, tutto sembra essere già stato immortalato da una telecamera che sembra essere i tuoi occhi.

E la struttura a scacchiera con l’utilizzo dei numeri al posto dei nomi delle vie ti dà immediatamente la sensazione di essere del luogo, di saperti muovere agilmente come un abitante.

Che dire poi della parola skyline: NYC sembra essersela impossessata!

Questo infatti non è un mistero per nessuno. Cerchiamo invece di sfatare qualche mito e dopo lo shopping parliamo di locali e cibo.

Il cibo non è caro. Vai al ristorante, anche in quelli più chic i prezzi sono inferiori o uguali ai nostri. Gioca con le cucine internazionali o etniche, qui puoi trovare di tutto.

L’ultima tendenza nello street food è l’offerta di cibo di alto livello e qualità: camioncini eleganti offrono piatti di aragoste o panini da gourmet.

L’aragosta adesso si mangia anche in strada, Soho, NYC

L’aragosta adesso si mangia anche in strada, Soho, NYC – Foto di Silvia Balcarini

Oppure ecco i locali, specie nel Village, che ti offrono prodotti a km 0, biologici, centrifugati, passati, tutto cucinato in maniera sana. Spesso le porzioni sono abbondanti, quindi ordina poco alla volta, e non ti vergognare a chiedere un piatto in più per dividere le pietanze. Non preoccuparti nemmeno se non vuoi ordinare da bere, l’acqua del rubinetto è gratuita e bevuta da molti (tappati il naso perché sembra di bere acqua proveniente da una piscina tanto sa di cloro).

Street food di alta cucina

Street food di alta cucina – Foto di Silvia Balcarini

Ricordati di dire senza ghiaccio. Questa mania per i cubetti credo derivi da due fattori, il primo che anche in inverno hanno l’assoluta necessità di rinfrescarsi la gola, visto le temperature folli del riscaldamento e, secondo, il ghiaccio tende ad anestetizzare la bocca dando quindi l’impressione che una bevanda alcolica lo sia di meno oppure mitigando un sapore odioso (come appunto l’acqua) o troppo dolce.

Se vuoi concederti una cena, un brunch in un locale specifico ti consiglio di prenotare, tramite skype, email oppure utilizzando Opentable (io mi sono trovata bene).

Decidere in anticipo certe serate ti permette anche di valutare bene il locale in base al tuo budget, alle recensioni, agli orari di apertura. Per l’abbigliamento no problem, qui la carta dell’informalità vale ovunque.

Scordati di avere come in Italia gli stessi requisiti minimi di servizio e pulizia accomodandoti in una trattoria o pizzeria invece che in un ristorante. Spesso i tavoli non hanno la tovaglia, oppure non viene cambiata tra un commensale e l’altro e spesso il cameriere gentile non ha grande occhio nel proprio lavoro. Butta un’occhiata negli altri tavoli per sapere se devi sparecchiare il tuo o meno.

Non ordinare all’italiana. I newyorkesi sono precisi ma la precisione spesso va a braccetto con standard. Un piatto concepito in quel modo è solo in quel modo, puoi solamente decidere di far togliere qualcosa (es un panino senza pomodoro), scordati però di apportare modifiche al menù. Sarai guardato con shock e forse nemmeno accontentato.

In caso contrario devi aumentare la mancia alla fine.

Quando hai finito alzati e cammina. Il tuo tempo è finito, almeno che tu non voglia ordinare di nuovo da bere o da mangiare. In alcuni locali si mangia solo “all’impiedi”.

Al bancone i prezzi sono più bassi che al tavolo, il pranzo costa meno della cena. Inoltre non sempre puoi scegliere tutto dal menù, se l’orario della colazione è finito non potrai più scegliere niente in quella lista e così via.

Sport, polvere, hamburger. America. NYC

Sport, polvere, hamburger. America. NYC – Foto di Silvia Balcarini

Non è detto che il pane sia incluso con la pietanza e che non venga addebitato ogni volta che lo richiedi. Se ordini un’insalata preparati studiandoti le numerose salse disponibili e sappi che la “Italian sauce” non è olio e aceto (questa è la vinaigrette) ma è una vera e propria salsina (maionese origano e altri intingoli, buona).

Se hai una prenotazione rispettala, dopo un quarto d’ora possono depennarla e passarla ad un altro. Se invece sei in anticipo e il tuo tavolo ancora non è libero è consuetudine aspettare al bancone ordinando qualcosa da bere.

Puoi entrare in un locale e ordinare solo da bere ma non puoi entrare e chiedere subito di utilizzare il bagno, lo ripeto. Concediti l’esperienza dei “gardenroof”, i bar posizionati all’ultimo piano dei grattacieli per un caffè, un aperitivo. Molti hanno la terrazza aperta anche d’inverno, l’ambiente è piacevole e bello incorniciato dalle mille luci della città. Ancora una vota puoi essere vestito in maniera formale. Non credere però di fare il “Fenomeno”. Molto probabilmente dovrai metterti in fila al bar (li sai portare tre bicchieri insieme?), pagare, versare la mancia, ritirare da bere portandolo personalmente al tavolo.

Dalla mia esperienza, salatini o qualsivoglia, è tutto extra e a pagamento.

Se vuoi assistere a una serata Jazz o soul ti consiglio di prenotare già da casa, sia che te ne intenda o ancora di più, come nel mio caso, che tu non conosca nessun nome famoso recente. Sui siti internet dei locali, situati nel Village o ad Harlem, puoi leggere la discografia, la vita dell’autore o della band, sentirne alcuni brani, insomma puoi informarti. C’è poi scritto come poter prenotare, pagare il biglietto (non comprensivo di bevuta), oppure del tavolo, o decidere di assistere al concerto in piedi o al bancone, dove in genere non occorre prenotazione.
Fai attenzione agli orari, qui gli spettacoli ci sono già dal pomeriggio o alle 19.

Ricorda inoltre che a Natale e nel giorno del ringraziamento è tutto chiuso.

Per i musical e gli spettacoli teatrali ti conviene invece recarti direttamente ai punti TKTS per ottenere i biglietti scontanti dell’ultimo minuto.

Gustati i dolci, sono buonissimi, quelli classici e artigianali, tenuti in bella mostra nelle teglie rotonde. Allora sì a quelli alla zucca, alle noci pecan, meringa e limone, il cheesecake versione cotta. Il resto, quelli alla cakedesign più o meno famosi hanno un sapore che si aggira tra il finto e l’artificiosamente trattato… Bleah.

Assaggia invece il soul food di Harlem, gli hamburger di alta qualità, le bistecche con l’osso, i pretzel in tutte le sue versioni, i bagels vuoti o ripieni, la Caesar salad, le uova alla Benedict, il Dim Sum (questo mi è mancato!).

Insomma non si può più digerire chi ti racconta di aver mangiato sempre dal “Pollo del Kentucky”, “Il re degli hamburger”, “l’ufficiale di Mobi Dick” e da “Donaldo l’irlandese”.

Uffh…

Articolo di
Silvia Balcarini