Interno del MET a New York

Interno del MET a New York – Foto di Silvia Balcarini

Mi dispiace ma il mio elenco delle portate newyorkesi continua con un altro museo, il MET.

Cosa dire del Metropolitan museum of Art?

Se lo dovessi paragonare a qualcosa direi con certezza che si tratta di una capsula del tempo, quei contenitori colmi di oggetti che rappresentano un’epoca e che vengono lasciati ai posteri. Qui trova spazio tutto, tanto è vero che anche i più scettici ai musei troveranno pane per i loro denti: strumenti musicali rari, paraventi giapponesi, un intero tempio egizio quello di Dendur (sì hai capito bene), gli interni di dimore, canoe, maschere provenienti da ogni angolo della terra, fontane, la cupola di un tempio indiano, vestiti finemente ricamati e ancora e ancora.

Uno dei templi egizi di New York!

Uno dei templi egizi di New York! – Foto di Silvia Balcarini

In questo luogo, ti si informicoliscono le gambe, la spina dorsale s’irrigidisce, la frustrazione sale camminando nelle splendide sale del MET; eppure ci si riappacifica con l’essere umano. Così quel bipede così piccolo e sempre in combutta con se stesso appare come una splendida creatura.

Mi chiedo solo perché il nome Metropolitan (?) restringendo così l’immagine del museo, io lo ribattezzerei con Museo delle arti umane: human museum of Art o museum of human arts ma non esistono sigle accettabili. Opto allora per Time Capsule Museum, che ne dici?

La sensazione che dà questo museo credo si possa racchiudere nel percorso che fa la parola infinito quando arriva al cervello; esso comincia a elaborarla senza riuscirci poiché è stato programmato perché le cose abbiano un inizio e una fine. Quindi impossibile non solo vederlo tutto ma anche capacitarsi delle sue dimensioni.

Se ne esce sconquassati.

Per tua informazione appena entri al centro c’è una tavola rotonda, mettiti in fila dove vedi la bandierina italiana, l’assistente parla italiano e potrà darti diverse delucidazioni. Le stanze, oltre ad essere numerate, sono raggruppate a colore, questo non ti impedirà di “perderti”. Puoi chiedere ai sorveglianti, che devo dire non sono molto simpatici (almeno quelli con cui ho parlato io) oppure rivolgiti ai volontari, sono persone con un tesserino distintivo, in genere seduti alle scrivanie nei grandi corridoi.

Metropolitan Museum of Art, una sala

Metropolitan Museum of Art, una sala – Foto di Silvia Balcarini

Sempre nella hall, subito a destra, c’è il guardaroba, la biglietteria e la zona per pagare e ritirare l’audioguida che ovviamente è oltremodo fondamentale. Non so se ci sia un servizio di guida turistica e quanto possa costare.

Veniamo all’audioguida.

Ti verrà consegnata un’altra mappa del museo con dei numeri impressi, digitandoli sullo schermo touch ti spiegano l’opera. Fin qui niente di nuovo. Peccato che nessuno ti dica o ti scriva che in realtà sono molto di più di quelli riportati sulla mappa. Per me questo la mappa la puoi conservare in tasca. Prima di partire per il tuo giro invece, prenditi qualche minuto a studiarti le potenzialità della tua audioguida. È sostanziale perché ti permette di ricevere molte informazioni e di stancarti meno avendo già una sorta di giro prestabilito. Si può ascoltare la storia del museo, quella dell’edificio che ospita il MET, ma soprattutto puoi seguire il racconto del direttore che presenta molte delle opere e dei retroscena nelle varie sezioni del museo.

Un altro consiglio, banale ma di cuore. Quando passi davanti al bar-ristorante prenditi una pausa e mangia qualcosa altrimenti rischi come me di non fare la fila per il tavolo ma di camminare, sbagliare e camminare per tornare indietro a cercarlo.

Sedie di design al MET di New York

Sedie di design al MET di New York – Foto di Silvia Balcarini

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Un’altra esperienza esplorativa è un giro per i mercatini dell’usato o dell’antiquariato.

Un po’ quello che si fa a Londra andando a Portobello Road o a Camden Town. Non è una questione di shopping ma un metodo semplice per conoscere le abitudini domestiche, gli arredi, le carabattole che gli americani svendono e poi riacquistano. Ti accorgi che gli oggetti hanno un carattere diverso dal nostro, alcuni assolutamente pacchiani o, ai nostri occhi, impresentabili. Altri delle vere e proprie chicche. Ce ne sono molti sparsi a Manhattan e a Brooklyn e a Williamsburg.

Come è facile intuire più ci si allontana dal centro più questi spazi sono autentici, vivaci e a buon prezzo.

Ti annoto qualche sito ma senza responsabilità, i luoghi, i giorni, gli orari cambiano in continuazione. Si tratta di blogger, appassionati, local e la celebre Timeout:

=> http://www.ny.com/shopping/flea/

=> http://www.businessinsider.com/the-12-best-flea-markets-in-new-york-city-2013-1?op=1&IR=T

=> http://www.nuok.it/nuok/i-migliori-flea-markets-della-city/

=> http://www.fleamarketinsiders.com/nyc-flea-market/

=> http://www.timeout.com/newyork/shopping/best-flea-markets

Ritengo che si possa conoscere un popolo persino frugando nelle sue soffitte per questo ti consiglio questo giro ovunque ce ne sia la possibilità, in Italia e nel mondo, ti garantisco che mi rammenterai.

Articolo di
Silvia Balcarini