Copertina

“COPERTINA” - Foto di Andrea

 

Siamo così giunti al nostro terzo appuntamento con Siem Reap.

Dopo averti parlato di come arrivarci e di cosa vedere ti voglio raccontare la mia esperienza personale.

Si sente spesso parlare di turismo ecosostenibile in riferimento ai viaggi all’insegna del rispetto dell’ambiente, in particolare per hotel e resort attenti a limitare l’emissione di CO2 e a ridurre al minimo l’inquinamento.

Oggi la nuova “tendenza” è quella di parlare di geo-sostenibilità.

Ma che significa?

Semplice.

Vuol dire avere una coscienza sociale volta a promuovere la valorizzazione di un certo ambiente, preservandone e proteggendone tutti gli aspetti, comprese le culture, le tradizioni e le comunità locali.

Può sembrarti difficile ma anche tu, nel tuo piccolo, puoi contribuire facendo in modo che la tua vacanza sia “geo-sostenibile”, dalla scelta del dove soggiornare, al dove mangiare, al cosa riportare come souvenir.

A Siem Reap ho facilmente potuto trasformare il mio breve soggiorno in un’esperienza indimenticabile a contatto con la gente del posto.

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Ed è proprio delle persone che ho incontrato che ti voglio parlare.

Tutto ha preso forma prima della partenza scegliendo dove soggiornare: seguendo il consiglio di un amico cambogiano ho deciso di non prenotare un megahotel lussuoso di proprietà di una famosa catena ma di optare per una struttura, il Golden Banana, gestita da un giovane imprenditore cambogiano che garantisce ai suoi ospiti un servizio quasi impeccabile impiegando giovani provenienti dai villaggi nelle vicinanze di Siem Reap.

Arrivato in hotel, neanche a farlo apposta, ho notato una sorta di galleria fotografica: vecchie inquietanti immagini in bianco e nero, accompagnate da una breve didascalia, ripercorrevano a grandi linee la tragica storia della parte occidentale della Cambogia.

Ma cosa sa il mondo occidentale (e in particolare noi italiani) della dittatura che per oltre un ventennio ha soggiogato la Cambogia e la sua popolazione?

Se hai visto il film Urla nel Silenzio (del regista inglese R. Joffé, del 1984) hai già un’idea piuttosto chiara degli orrori vissuti da questo popolo.

Sotto il regime guidato dai Khmer Rouge vennero brutalmente perseguitati e uccisi tutti i sospetti “sabotatori” del governo, quasi la totalità intellettuali, i cristiani cambogiani, musulmani e monaci buddisti, le minoranze vietnamita e thailandese.

Statisticamente il 21% della popolazione morì in quel periodo.

L’attuale quadro demografico cambogiano è praticamente privo di una fetta non indifferente di popolazione, soprattutto maschile, di quella che sarebbe stata la mia generazione.

Molti dei giovani che ho conosciuto sono orfani.

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MR HAPPY TUK TUK

MR HAPPY TUK TUK - Foto di Andrea

 

La prima persona che ha condiviso con me le sue “memorie” è stata Mr Happy Tuk Tuk.

Questo pittoresco personaggio di cui non ho scoperto il vero nome, dalla sorridente faccia da fumetto, è erroneamente convinto di avere un sito internet in realtà rappresentato da una serie di foto su Flickr.

Con lui ho vagabondato per due intere giornate, accompagnato, più che da un uomo, dai sui racconti e dalle sue esperienze.

Rimasto orfano da bambino ha dedicato, e dedica tuttora, la sua vita a fare da autista per i turisti di Siem Reap con il suo sempre lucido tuk tuk.

Lo puoi incontrare appostato davanti ad uno dei bar di Pub Street mentre cerca di conquistarsi la simpatia del suo prossimo cliente.

Se vuoi andare sul sicuro lo puoi chiamare al cellulare: +855 (0)12981114.

Ma quella di autista è in realtà una “copertura”!

Girando e rigirando per i vari villaggi il suo scopo è sempre quello di trovare il modo di passare davanti a casa sua e, con la scusa di salutare qualcuno, di portarti a conoscenza di quella che è la sua missione.

Orfanotrofio

Orfanotrofio - Foto di Andrea

 

Nella sua casa accoglie circa 20 bambini di diverse età, tutti orfani ma tutti sorridenti.

Ognuno con una storia diversa e pronto a saltarti in braccio e a dirti come si chiama.

Con loro ho trascorso il pomeriggio a giocare e a farmi raccontare come i Khmer Rouge andassero in giro per le campagne a reclutare gli uomini.

Mr Happy Tuk Tuk, oltre alla cifra pattuita per l’affitto del tuk tuk non ha voluto altri soldi ma mi ha chiesto di comprare per lui del riso al vicino dispaccio.

Un sacco da 50 kg, da condividere con i bimbi, nulla di più di una settimana di minimo sostentamento per la modica cifra di 25 $.

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Visto che Mr Happy Tuk Tuk ha molte conoscenze e che sembra interessato a farmi sapere di più sulla realtà meno nota di una zona oggi così turistica gli chiedo cosa ne pensa di accompagnarmi a visitare il villaggio galleggiante di Chong Kneas.

Chong Kneas

Chong Kneas - Foto di Andrea

 

Mi spiega che si tratta di un agglomerato di “case galleggianti” (non su palafitte ma galleggianti sull’acqua per assecondare le notevoli variazioni del livello delle acque a seconda della stagione) ammassate sulle sponde del canale che sfocia sul Lago Tonle Sap.

Una sorta di villaggio abitato da famiglie di pescatori con tanto di scuole, chiese e campi da gioco galleggianti.

Mi chiede se ho la forza di affrontare quello che per molti turisti non è altro che una semplice gita in barca per andare a vedere l’allevamento di coccodrilli che si trova alla fine del canale; annuisco, consapevole che sarà dura non lasciarmi coinvolgere emotivamente.

In effetti le condizioni in cui gli abitanti di Chong Kneas si trovano a vivere sono per un occidentale ai limiti della sopravvivenza.

Chong Kneas

Chong Kneas - Foto di Andrea

 

Il tasso di mortalità infantile è molto alto.

I bambini devono imparare presto a badare a loro stessi e a non annegare qualora dovessero cadere nelle acque palustri del canale.

Subito dopo aver pagato per il noleggio della barca che ci porterà a visitare l’orfanotrofio della comunità Song ci dice di avere 20 anni: per la prima volta conosco un asiatico a cui avrei dato molto di più dell’età effettiva.

Song

 

Una vita, la sua, passata su quella barca a portare avanti e indietro i turisti.

Sorride vedendo che la mia macchina fotografica cerca più che altro di immortalare i volti sorridenti delle persone che, ad un secondo sguardo, mi accorgo che hanno tratti somatici diversi dagli altri: sono in massima parte di origini vietnamite, superstiti del regime, costretti a vivere ai margini della società, chiedendo l’elemosina o facendosi pagare per scattare una foto.

Dopo la visita d’obbligo alla “crocodile farm” arriviamo alla scuola locale gestita da una chiesa cristiana e, poi, al locale orfanotrofio.

Qui non posso fare molto di più che lasciare un’offerta e promettere che parlerò di loro qualora avessi raccontato la mia esperienza (promessa mantenuta!) in modo che magari arrivi una bella donazione.

Il ricordo dei bambini penzoloni dalle case galleggianti e degli occhi supplichevoli di un dollaro in elemosina mi accompagnerà per molto tempo ma sono felice di poter dire che anche il semplice affittare la barca, vedere la fattoria dei coccodrilli e regalare qualche dollaro per una foto può servire a dare un minimo di gioia a persone che non ricevono molto dalla vita.

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Prima di salutarci Song e Mr Happy Tuk Tuk mi presentano Sam, di cui ti ho accennato parlandoti dei Templi di Angkor.

Sam aveva 5 anni quando il padre venne assassinato e fu costretto, nel cuore della notte, ad abbandonare la sua casa con la madre per sfuggire ai soldati Khmer Rouge.

Con lui fare la visita al sito archeologico di Angkor è un piacere: oltre a sapere come posizionarti per fare la foto con la giusta angolazione o dove vedere il bassorilievo più interessante, ha la capacità di coinvolgerti nei suoi racconti.

In genere a ora di pranzo accompagna i turisti al ristorante del sito archeologico e lui, per un’oretta, si concede insieme all’autista del tuk tuk il suo pranzo in uno dei chioschi che sparsi un po’ ovunque fra le rovine.

Non mi faccio scappare l’occasione per chiedere di non essere trattato da turista ma di poter condividere con loro la pausa pranzo (ovviamente pagando io per tutti).

Pranzo

Pranzo - Foto di Andrea

 

Così, invece di ritrovarmi in un locale climatizzato mi ritrovo sulle sponde di uno stagno a condividere il cibo con il tuk tuk driver e Sam.

Sorprendentemente scopro che il pollo (in Thailandia la carne più economica in commercio) è un piatto costoso visto che non esistono allevamenti intensivi ma solo polli ruspanti; considerando che pago io, un bel pollo alla griglia non può mancare nell’ordine.

La proprietaria del “ristorante” è felicemente sorpresa di vedermi lì e mi presenta tutti i bambini del vicinato.

Durante il giro per le rovine incontriamo un’anziana donna con la testa rasata.

Anziana al Tempio

Anziana al Tempio - Foto di Andrea

 

Sam mi spiega che gli anziani sono spesso costretti a ritirarsi a vita monastica perché le famiglie non possono provvedere al loro sostentamento e, perlopiù, le donne sono in molte comunità le uniche depositarie del sapere religioso visto che i Khmer hanno assassinato i monaci buddisti.

Per farmi capire meglio quale sia la situazione in cui si vive in molti villaggi Sam mi conduce nel suo villaggio d’origine, a soli 5 km da Angkor.

Qui l’elettricità non è ancora arrivata e la gente vive quasi esclusivamente del riso che coltivano e degli animali che allevano.

I bambini frequentano la scuola del tempio e il sogno di quasi tutti i giovani è imparare bene l’inglese e un’altra lingua straniera per poter diventare guida autorizzata.

Il turismo per loro è quello della vicina Siem Reap e Angkor ma di cui non godono nessun beneficio.

Per non farmi mancare nulla decido che è il momento di tagliare i capelli e così mi faccio portare da Sam dal suo barbiere di fiducia.

Lascio alla foto qui sotto commentarsi da sola.

Aggiungo all’immagine solo che oltre a pagare per il taglio ho dato un’abbondante mancia!

Barbiere

BARBIERE - Foto di Andrea

 

La mia giornata con Sam si è conclusa con la cena, in un locale tutt’altro che turistico dove però non ho avuto il coraggio di assaggiare il maiale con le formiche rosse, specialità cambogiana che mi riprometto di mangiare al mio prossimo viaggio.

Dopo esserci scambiati i telefoni (se lo vuoi contattare per farti da guida lo trovi al +855 (0)11776673) e i contatti facebook la mia ultima destinazione prima di ripartire per Bangkok è al mercato locale dove ho comprato, limitando la contrattazione per non ridurre troppo il margine di guadagno dei venditori, prevalentemente prodotti locali come lo zucchero di palma, il tè in foglie, il peperoncino e altre spezie.

Ora si torna a casa a Bangkok e, in attesa che le piogge finiscano, ti faccio fare un “safari cittadino”.

Andrea