Falò di Sant'Antonio

Falò di Sant'Antonio - Foto di bibendum84

 

Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio la Sardegna si illumina per i falò in onore di Sant’Antonio Abate e in tutta l’isola si ripete un rito antico e radicato che rappresenta una fra le ricorrenze più celebrate nell’isola.

La leggenda racconta che Sant’Antonio avrebbe rubato una favilla incandescente agli dei per regalarla all’umanità, dotandola, così, del fuoco.

Leggenda e storia, ma soprattutto sacro e profano si legano in una ricorrenza dalla storia antichissima che mescola devozione cristiana ad antiche tradizioni pagane, ed è tuttora molto sentita in tutta l’isola.

I preparativi per il fuoco di Sant’Antonio cominciano molti giorni prima della ricorrenza del santo, con l’allestimento del carro che raccoglierà soprattutto frasche (e più raramente legna).

Durano settimane, durante le quali i membri delle compagnie si ritrovano per giorni per la raccolta delle frasche prima di sfilare, nella domenica che precede il fuoco, con i carri, ornati a festa, per le vie del paese.

Durante la sfilata i componenti delle compagnie tra suoni di clacson e lanci di arance dai carri, offrono ai compaesani e ai forestieri i dolci tipici della festa, preparati nei giorni precedenti dalle donne, nonché il migliore vino locale.

Ogni carro, ornato da fiori e corone di arance, è preparato da una compagnia formata da una trentina di uomini trasporta frasche alte anche dieci metri per alimentare il fuoco.

Dopo la sfilata, si svolge la complessa operazione dell’accatastamento delle frasche nello spiazzo antistante la chiesa di Sant’Antonio, procedendo solitamente attorno a un palo di legno sulla cui cima viene fissato il 16 sera, un maialetto unitamente ad una croce di arance o altri doni.

Dopo l’ingresso del Santo, la messa e la benedizione delle frasche, si procede all’accensione dell’immenso fuoco e ha inizio l’arrampicata lungo il palo da parte di ragazzi coraggiosi vogliosi di aggiudicarsi, prima che il fuoco prenda il sopravvento, il prezioso premio.

Dopo i riti liturgici e la benedizione del fuoco, i partecipanti stazionano di fronte ad esso e tra conversazioni canti e balli gustano un bicchiere di vino o acquavite e qualcosa di caratteristico da mangiare, come su pistiddu, dolce tipico di alcuni paesi della Baronia, legato al culto del Santo, ma anche “su fava e lardu” preparato e offerto alla comunità del Priorato di Sant Antonio.

Tutto questo in attesa che il fuoco e il calore da esso emanato, diventi accettabile per procedere al rito dei giri: i fedeli, in segno di devozione, fanno tre giri intorno al “fuoco” (tre giri in senso orario, tre in senso antiorario) recitando preghiere o semplicemente esprimendo desideri per l’anno appena iniziato.

I festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate interessano quasi tutti i paesi della Sardegna e alcuni di essi si distinguono per tradizione rispetto agli altri: Orosei ad esempio, paese della Baronia in provincia di Nuoro, ospita un suggestivo falò nel santuario dedicato al Santo.

A Torpè, altro paese in provincia di Nuoro, l’attrazione principale è rappresentata dai carri carichi di frasche e sistemati accuratamente come a formare delle grosse imbarcazioni.

In alcuni paesi inoltre l’evento coincide con l’inizio del Carnevale e così nei paesi di Mamoiada , i “Mamuthones” e gli “Issohadores“, le maschere tipiche del carnevale mamoiadino, fanno la loro prima uscita dell’anno e al suono cupo dei campanacci danzano intorno al fuoco caricando ancor più di atmosfera, un rito propiziatorio antichissimo e ancestrale, che per una notte accomuna tutta la Sardegna.

Articolo di
Bianca Ferracani